TURISMO E CITTÀ D’ARTE:

A Verona manca un tavolo con le categorie e manca la pianificazione

Con 55 siti riconosciuti dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità – primato mondiale – il turismo in Italia genera circa l’11% del PIL.
Chi scrive non è certo a favore della trita e ritrita solfa “dovremmo vivere tutti di turismo”; l’Italia è e rimane la settima potenza industriale a livello mondiale, con le sue eccellenze che vanno dalla meccanica a tutta la manifattura artigiano-industriale in ambito moda.
Ma di turismo, in una provincia ed una città come quella di Verona, è assolutamente necessario parlare; e si dovrebbe anche pianificarlo, il turismo, magari interpellando di più le categorie e non facendo delle mere “sparate” ai fini esclusivi di ritorno economico per la Pubblica Amministrazione. Perché il Turismo è un volano, ma le scelte improvvisate, magari senza analisi di dati, non possono che portare a vicoli ciechi da cui non è semplice uscire.
Verona ha la fortuna di essere città d’arte con sbocco su Lago di Garda, a 2 ore da Venezia e 2 ore da Milano con direttiva naturale a nord Monaco di Baviera. Nonostante questi preamboli positivi è innegabile che il turismo a Verona stia divenendo sempre più un turismo “mordi e fuggi”, con sempre meno notti passate in strutture alberghiere e pasti sempre più frugali. Tempi che cambiano o le città d’arte stanno diventando una mera “coreografia” in cui dormire? Un gigantesco parco dei divertimenti dove anziché dormire nel villaggio dei Pirati si può scegliere di pernottare nella città di Romeo e Giulietta?
È di un paio di anni fa la polemica sull’apertura della catena di fast food americana del pollo fritto in Centro storico: indecorosa, uno schiaffo alla città, le nostre tradizioni culinarie non meritano ciò, etc., etc.; tutto bello, tutto giusto, ma forse la vera domanda da porsi è: quanto spende o è disposto a spendere un turista per un pasto in città? Se una multinazionale di tali dimensioni apre – e di studi prima di fare quel passo ne fa a iosa, non improvvisa – significa esclusivamente che il turista a Verona vuole spendere POCO! Del resto, per quale motivo un turista dovrebbe fermarsi a Verona anziché a Milano? Aeroporto migliore? La qualità delle tratte è penosa. Negozi più belli? Rispetto al quadrilatero della Moda di Milano, lasciamo stare. Attività culturali? Abbiamo il teatro all’aperto più grande al mondo che funziona praticamente solo con il Festival areniano visto gli scarsi avvenimenti extra lirica. Non ultimo mostre e congressi di respiro e prestigio internazionale mancano da anni.
Non c’è visione d’insieme, non c’è pianificazione! E non ci sono, aggiungiamo, sufficienti normative, atte alla regolamentazione di fenomeni in rapida e continua crescita come quello delle locazioni turistiche, il cui eccessivo proliferare rappresenta una concausa dello svuotamento dei centri storici.
Bene ha fatto il Governo Meloni ad aumentare la cedolare secca degli affitti turistici dal 21 al 26%, perché se è vero che questa nuova forma di pernottamento sta prendendo sempre più piede, come dicevamo prima, il rischio di trasformare i centri storici in gusci vuoti, lasciando solo le “coreografie”, c’è, è reale: illustri tristi esempi ne sono Firenze in Italia, e Barcellona a livello europeo.
Verona è unanimemente riconosciuta come una bellissima città, ma per continuare ad essere anche viva, ad abitarla e, appunto, viverla, devono essere per primi i veronesi stessi, anche con prospettive di residenzialità stabili, durature.
È innegabile che la strada maestra in Italia la stia segnando Venezia. Le politiche virtuose che Brugnaro sta intraprendendo contro lo svuotamento del centro storico e la tutela dei propri beni sono attualmente le uniche degne di nota: dal tetto massimo alle locazioni turistiche (avete provato a cercare un appartamento in affitto in ZTL a Verona recentemente? Auguri!), alla tassa di ingresso che, per quanto simbolica, avrà il beneficio di “scremare” quel visitatore che oltre a farsi un giro a piedi armato di zaino, di più non farebbe.
Spostare quindi la tassazione da chi alloggia e crea indotto, a chi arriva la mattina e se ne va il pomeriggio; tale soluzione potrebbe essere applicabile anche da subito con un sovraprezzo al biglietto di ingresso alla casa di Giulietta; non aumentando la tassa di soggiorno del 40% come sta ventilando Palazzo Barbieri!
Molto discutibili, ossia che non han recepito l’insegnamento del “pollo fritto”, sono le scelte della giunta Tommasi di spingere per i cambi d’uso in deroga all’attuale regolamento urbanistico per fare Hotel a 5 stelle. Se Verona è invasa da turismo “mordi e fuggi” che a pranzo va nei fast food, negli Hotel a 5 stelle chi ci va? Siete così sicuri che i grossi colossi esteri, gli unici che potrebbero permettersi l’esborso economico, li aprirebbero davvero?
Si ignorano i consigli delle categorie (Federalberghi, Confcommercio) evitando così la tanto auspicabile analisi dei dati e pianificazione.
La città di Verona, i veronesi ed i visitatori della nostra città non meritano questo trattamento. Serve un piano ad amplio respiro che permetta alla nostra area turistica, includendo tutto il nostro territorio, uno sviluppo di qualità e regolarità che in questo momento sembra essere totalmente assente.
Come è assente, l’unico organo politico che ha sempre avuto questo compito di visione organica del tutto: la Provincia! I danni della pessima riforma Del Rio cominciano a dare i propri “frutti”, e non è da escludere che si dovrà tornare a ragionare su quell’organo territoriale locale intermedio per ripotenziarlo.

Progetto Nazionale – Verona

Segreteria provinciale