Storicamente il periodo compreso tra il 1919 (Conferenza di Pace di Parigi) e il 1939 si consuma la chiusura dei conti del Capitalismo Finanziario con i due “indisciplinati” Paesi europei, Germania e Italia. Il progressivo deterioramento dei rapporti tra il Fascismo e le democrazie occidentali è dovuto principalmente alle decisioni adottate da Mussolini nell’interesse del popolo italiano, che determinarono sostanziali cambiamenti nella vita economica e sociale del nostro Paese. Vedi la progressiva costituzione dello Stato Corporativo. Il 18 agosto 1926, nel discorso che tenne a Pesaro, Mussolini manifestò la propria intenzione di rivalutare la lira, stabilendo la cosiddetta “Quota Novanta”, cioè il limite massimo del cambio della nostra moneta (lire 92,46) per una sterlina inglese (e di 19 lire per un dollaro degli Stati Uniti).
La rivalutazione della lira era dunque il primo passo del percorso, tracciato da Mussolini, verso la prevista socializzazione delle imprese, enunciata poi, in ben altre, difficili, circostanze nel 1944, come parte fondamentale dei 18 punti del Manifesto di Verona. Queste le parole di Mussolini “
Anche da oltre Oceano giunsero segni di apprezzamento per l’opera messa in atto dall’Italia del Ventennio.
John Patrick Diggins, autore del libro “L’America, Mussolini e il Fascismo”, a pag. 45, ha scritto: Negli anni Trenta lo Stato corporativo sembrò una fucina di fumanti industrie. Mentre l’America annaspava, il progresso dell’Italia nella navigazione, nell’aviazione, nelle costruzioni idroelettriche e nei lavori pubblici, offriva un allettante esempio di azione diretta di pianificazione nazionale. In confronto all’inettitudine con cui il Presidente Hoover affronto la crisi economica, il dittatore italiano appariva un modello di attività (…). E Renzo De Felice: La liberale e antifascista “Nation” arrivava ad auspicare un Mussolini anche per gli Stati Uniti”. L’inglese Michael Shanks, economista di vasta esperienza internazionale, già direttore della Commissione Europea degli Affari Sociali, nonché Presidente del Consiglio dei Consumi, indica nel suo libro “What’s wrong with the modern world?” Lo Stato Corporativo di Mussolini come l’unico metodo per uscire dalli crisi.
Mentre nei Paesi ad economia liberale i suicidi a causa della grave crisi del 1929 si contavano a decine, l’Italia stava superando la congiuntura senza eccessivi drammi. Franklin Delano Roosevelt era stato eletto Presidente degli Stati Uniti a marzo del 1933, periodo nel quale un americano su quattro era disoccupato ed esattamente nel momento in cui in Italia veniva concepito l’IRI (l’IMI fu costituita nel 1931) sotto la guida di Alberto Beneduce.
Roosevelt aveva impostato la campagna elettorale all’insegna del New Deal, ossia ad un vasto intervento statale in campo economico, ossia proponendo un’alternativa al liberismo capitalista. Una volta eletto Roosevelt inviò, nel 1934, in Italia Rexford Tugwell e Raymond Moley, due fra ì suoi più preparati uomini del Brain Trust per studiare il miracolo italiano.
Nel 1933 Roosevelt firmò il First New Deal, e il Second New Deal venne firmato nel 1934-1936. Quindi Franklin D. Roosevelt ad istituire il Social Security Act, una legge che introduceva, nell’ambito del New Deal, indennità di disoccupazione, di malattia e di vecchiaia.
Contemporaneamente nacque anche il programma Aid to Family with Dependent Children (aiuto alle famiglie con figli a carico), tutti provvedimenti che avevano già visto la luce in Italia nel Ventennio fascista. Incredibilmente, gli Stati Uniti d’America, la casa della democrazia accettò, mutuò ed applicò i concetti degli Stati totalitari per uscire dalla grande crisi. Purtroppo, per gli USA, la Corte Costituzionale americana, decretò l’incostituzionalità di alcuni provvedimenti.
Nel mese di giugno del 1933 i governi di Stati Uniti e Gran Bretagna organizzavano la Conferenza economica mondiale di Londra, nel corso della quale decidevano di pianificare una nuova guerra mondiale, per l’abbattimento delle barriere doganali europee, il libero accesso in Europa e Asia delle Corporations americane e la libertà di circolazione dei capitali esteri, con particolare riferimento alla libera partecipazione al capitale delle Banche Centrali, da parte delle banche internazionali.
Nel 1935 si registrava il fallimento del “Fronte di Stresa”. La conferenza fu convocata, nel mese di aprile nella città omonima del Piemonte, tra Gran Bretagna, Francia e Italia. L’appello che Mussolini rivolgeva a Francia e Gran Bretagna per la costituzione di un fronte in funzione antigermanica, non ottenne riscontro dal governo di Londra, già impegnato a sottoscrivere il patto navale con la Germania di Hitler. Mussolini, visto che i buoni propositi per la conservazione della pace si limitavano al Continente Europeo, e valutato l’indisponente doppiogiochismo britannico, decideva di avviare l’impresa etiopica, trovando l’inattesa solidarietà del Fuhrer. Fu quello l’inizio delle relazioni italo-germaniche che resero indispensabile l’avvicinamento dell’Italia alla Germania, non solo per affinità ideologiche, ma per i comuni intenti di salvaguardare le rispettive autonomie economiche e monetarie.
Finita la guerra, i comunisti che controllavano il C.L.N.A.I., come primo atto ufficiale, firmato da Mario Berlinguer (padre di Enrico), addirittura il 25 aprile, come primo atto ufficiale abolirono la legge sulla socializzazione. Era il dovuto riconoscimento da parte dei comunisti verso il grande capitale, per l’aiuto economico elargito da quest’ultimo al movimento partigiano dominato al novanta per cento dai comunisti.
Emilio Giuliana
Progetto Nazionale Trento