EUROPA: ORIGINE E DESTINO AI TEMPI DELL’UNIONE EUROPEA

Pubblichiamo l’Intervento di Manuel Nergri nel corso della conferenza tenutasi sabato 4 settembre in occasione della manifestazione “Road to Camelot”.

Stiamo attraversando un momento estremamente delicato e per questo motivo, oggi più che mai, occorrono punti fermi ed idee chiare, per progettare, identificare e costruire un’Europa vera, un’Europa nuova, un’Europa diversa; perché l’Europa è una cosa troppo seria per lasciarla in mano ai burocrati di Bruxelles”. Chi oggi sta al Parlamento, molto probabilmente, e crediamo alla buona fede, non ha ben chiara l’idea di cosa vuole fare dell’UE e soprattutto di cosa deve essere l’Europa. Mentre tedeschi e francesi si sono sempre preoccupati di mandare in Europa funzionari preparati e pronti a ricoprire ruoli di primo piano, noi italiani abbiamo spesso inviato personaggi di secondo piano, attori e ballerine o, nel migliore dei casi, trombati alle elezioni nazionali che spesso e volentieri nemmeno si presentano alle sedute.
Poi di cosa ci lamentiamo…?
Dobbiamo avere la consapevolezza di dove vogliamo arrivare, se vogliamo l’Europa e quale, di che ruolo deve avere l’Italia, e in che modo accelerare il processo di unità politica dell’Europa.
Perché al contrario di chi, in maniera demagogica, ulula ai quattro venti di ‘uscire dall’Europa’, senza poi proporre alternative concrete e percorribili e senza nemmeno parlare di riforma dei Trattati, noi rivendichiamo con forza che serve un’unità politica dell’Europa e che questa si colleghi con la Russia e i paesi che si affacciano sul Mediterraneo, perseguendo la naturale proiezione geopolitica del vecchio continente e soprattutto dell’Italia. L’Europa è e deve rimanere alternativa agli Usa che la vogliono invece complementare quando non subalterna ai loro disegni geopolitici e commerciali.
Successivamente all’avvento ed all’ascesa di nuovi attori quali la Russia, ma soprattutto la Cina, a paesi dell’Opec che iniziano a commerciare petrolio contro euro invece che contro dollari; innanzi ad un’Unione Europea voluta ed ideata dai think-thank a stelle e strisce, ma che ha sempre più una connotazione franco-tedesca, con il predominio del capitalismo renano, in confitto con quello di matrice Wasp statunitense; le strategie degli Usa, abituati a giocare su più tavoli, hanno appunto iniziato a coltivare, coadiuvati dai suoi uomini di punta, le sedicenti forze sovraniste a livello europeo e non solo. Per assurdo, un ritorno alla tutela della medesima sovranità nazionale che si era tentato, con successo, di disgregare e smantellare in funzione della realizzazione dell’Unione Europea; una sovranità che, vista nella accezione della singolarità di ogni Stato Nazionale e scevra di una visione comune di un’Europa unita politicamente, non potrebbe mai rappresentare uno stato di potenza alternativo agli Usa ed agli altri blocchi sul panorama mondiale. Soprattutto in quanto nell’epoca attuale, i rapporti di forza vengono presi in considerazione solo ed esclusivamente in funzione dei ‘grandi spazi’. Tutto ciò che non avviene in questa direzione risulta strategico al ‘divide et impera’, insegnato dal politologo mondialista Zbigniew Brezinski, nella direzione degli interessi statunitensi.
Di fronte alla sempre crescente necessità delle grandi integrazioni continentali, alla luce di questo disegno, è ovvio che gli Usa siano favorevoli alla frammentazione dei grandi spazi. A riprova di ciò l’attuale scenario configuratosi in una delle principali zone strategiche, ha visto l’evolversi dello scenario afgano, dove si è purtroppo avventurato anche il nostro paese, perdendo 53 vite per ragioni incomprensibili che in nessun modo coinvolgevano l’interesse nazionale; senza considerare inutili soldi spesi, miliardi di euro per un’occupazione militare voluta dai nostri padroni, dai nostri occupanti. Chissà se qualcuno a Roma, che a parole sostiene di avere a cuore gli interessi nazionali, abbia anche il coraggio di chiedere l’istituzione di una commissione di inchiesta per definire il perché del nostro intervento e che fine abbiano fatto tutti i soldi spesi.
Ma siamo proprio sicuri che gli Usa abbiano perso in Afghanistan.
La strategia principale attuata soprattutto nelle zone di confine e di difficile controllo è quella del caos. La destabilizzazione, la guerriglia permanente, gli omicidi mirati, il terrorismo, sono le armi principali utilizzate per questa strategia. Gli Stati Uniti credono che se non possono avere l’Afghanistan, allora il paese dovrebbe diventare una fonte di problemi persistenti per l’Iran, la Cina, la Russia e persino l’India. Sicuramente agli Usa, soprattutto alle Multinazionali, non interessa che fine farà il popolo afgano, ma evidentemente il litio, di cui è ricco il paese, per le batterie delle auto elettriche. Nel frattempo, non hanno perso tempo a sequestrare all’Afghanistan le riserve auree detenute presso la Fed di New York (così come quelle di via Nazionale); repentino è stato il congelamento dell’oro della Banca Centrale afgana, pari a circa 22 tonnellate che potrebbero diventare merce di scambio con i talebani. Innanzi a questi scenari, non abbiamo una politica di difesa comune, questa è ancora appaltata alle decisioni prese in ambito NATO che perseguono interessi atlantici e, più specificatamente statunitensi, che spesso e volentieri non coincidono; anzi divergono da quelli europei. Non esiste una politica agroalimentare funzionale agli interessi europei, ma solo ed esclusivamente alle Imprese Multinazionali; assistiamo quasi quotidianamente all’operato di Bruxelles che demonizza e massacra la nostra agricoltura e le nostre eccellenze. Roma raramente risponde, privilegiando il silenzio assoluto, dimenticando soprattutto che il settore primario (agricoltura-allevamento-pesca) è sinonimo di territorio e famiglia. Le politiche monetarie osservano maggiormente artificiosi parametri finanziari piuttosto che le concrete esigenze dell’economia reale, sono sempre affidate alla B.C.E., indipendente ed autonoma da qualunque ingerenza da parte di qualsiasi livello di istituzioni, siano nazionali o comunitarie. Su queste premesse ogni eventuale appoggio deve convergere verso un obiettivo preciso; non a lotte economiche o a lotte di altro genere, ma nell’ottica di consolidare i rapporti, nell’interesse dell’Italia e dell’Europa, sospinti dall’ambizione e dal coraggio di costruire un’Europa unita, nella salvaguardia sì delle singole specificità nazionali, ma di un blocco che possa rappresentare un’alternativa sullo scenario mondiale all’egemonia statunitense. Un’Europa che non può e non deve essere rappresentata da Bruxelles e da Francoforte, ma incarnata dall’asse Roma, Berlino e Parigi, passando per Madrid ed Atene.

Verona, 04 settembre 2021
Manuel Negri
Progetto Nazionale