SOCIAL(MENTE) INUTILE

La vittoria scudetto dell’Inter e il conseguente riversarsi in piazza di migliaia di suoi tifosi, a Milano, ha fatto scatenare l’indignazione del «popolo social», sempre attento quando deve puntare il dito verso altri, rei di aver creato l’irreparabile dannato assembramento, termine sulla cresta dell’onda al pari ormai di altri termini come omofobo e razzista.

Una guerra ideologica – sempre che dietro ad essa o sarebbe meglio dire ad esso, riferito a quel dito tanto veloce a scrivere, ci sia un’ideologia – che possiamo più semplicemente accostare ad una guerra tra poveri, tra i “restacasisti” e chi vorrebbe tornare a vivere una quotidianità “normalità”.

Il condizionale è d’obbligo, dato che pure per chi era in piazza a festeggiare sarebbe lecito chiedersi se l’uscita pubblica fosse motivata da un’occasione come quella di una pur sentita vittoria calcistica o se a parti inverse (leggasi vittoria di un’altra squadra) si sarebbero scambiati il ruolo con gli indignati di cui sopra.

La risposta probabilmente è scontata, ma quello che, purtroppo, viene nuovamente evidenziato è come questa emergenza sanitaria si sia tramutata in una guerra psicologica nella quale una improbabile “elitè” italiana riesce, senza problemi, a tirare le redini dei propri (vari) interessi; cosa non così difficile da attuare, perlomeno in Italia.

La verità è che mentre da noi ci si scontra per un’ora di permesso, in altri Stati si cerca una strategia d’uscita da questa situazione, per esempio come in Spagna con il concerto a Barcellona o in Inghilterra con il concerto a Liverpool, senza dover guardare oltreoceano.

Fuorviante è accostare l’accaduto, come se stessimo parlando di chissà quale tragedia, con la mancanza di libertà per i ristoratori, quando sappiamo benissimo a chi additare queste scelte politiche e in che tempistiche siano arrivate.

L’aumento giornaliero della percentuale di vaccinati, unitamente a chi il virus l’ha già contratto e debellato, dovrebbe scongiurare un’ecatombe, considerato anche che non sembra essersi verificata nemmeno alla morte di Maradona, quando un plebiscitario tributo popolare si era riversato nelle strade di Napoli ormai qualche mese fa.

Spegnere i social e accendere il cervello, cercando di guardare oltre il proprio dito, senza definire in errore gli altri quando in errore lo è chi rimane seduto sul divano, potrebbe essere un buon inizio…

Morire per paura di vivere?

Zon

Progetto Nazionale – Cerea