In un clima tutt’altro che sereno siamo agli albori di un nuovo anno; quello che si sta per concludere non può certo considerarsi tra i migliori. Guerre e crisi internazionali a parte, l’Italia rimane ancora impegnata nel tamponare le numerose falle lasciate dai precedenti governi. Tante sono le problematiche che attanagliano l’Italia, vuoi a causa di contingenze internazionali, vuoi per scelte scellerate di governi che, dal 2011 fino ad un anno fa, si sono susseguiti senza essere realmente espressione della sincera volontà popolare. Oggi che piaccia o no, il governo Meloni resta, dopo gli ultimi esecutivi Berlusconi, l’unica sincera espressione del voto popolare scaturito dalle urne.
In un anno di gestione dell’Italia, la squadra di governo, messa in campo in base alla rosa a disposizione, si è ritrovata il fardello di una situazione economica e sociale a dir quanto disastrosa, ed ha cercato di intraprendere, in alcuni casi, cambi di direzione coraggiosi.
Problema immigrazione: i proclami in campagna elettorale che preannunciavano blocchi navali e respingimenti dei nuovi arrivi, non hanno trovato riscontri oggettivi di particolare rilievo, e dietro ai deboli tentativi di accordi bilaterali e sfoghi in sede comunitaria, abbiamo dovuto patire l’aumento esponenziale del numero degli sbarchi che hanno ulteriormente incrementato il riversarsi nelle nostre città delle famigerate orde di “immigrati senza arte né parte”, che quotidianamente si rendono protagonisti dei crimini più svariati (dalle violenze allo spaccio, dai furti alle occupazioni abusive), creando vere e proprie “zone franche” sempre più difficoltosamente accessibili anche alle stesse forze dell’ordine.
Tante sono le operazioni di sgombero e pulizia, di arresti ed identificazioni, poi vanificate da una parte della magistratura ampiamente politicizzata, mera emanazione della sinistra progressista del “refugees welcome”, non estranea ad interessi economici, come insegnano le storie dei Soumahoro di turno.
Queste situazioni rendono oramai invivibili molti centri abitati, non solo le aree metropolitane come quella milanese, sebbene Sala continui a proclamare Milano città sicura…
Fronte economico: alcuni tentativi di riforma fiscale sono stati intrapresi, a partire dal costo del lavoro, in cui sono stati applicati tagli al cuneo fiscale e la rimodulazione delle aliquote irpef.
Un plauso va fatto alle operazioni che hanno consentito alle nostre casse di incamerare centinaia di milioni di euro evasi dai soliti grandi gruppi multinazionali operanti anche in Italia, a partire da Airbnb e i colossi americani del web, il cui elenco comprende Apple, Google, Booking, Amazon, Facebook e Netflix, evasori seriali del fisco di casa nostra.
Recenti dati hanno stimato che l’inflazione ed il caro vita hanno colpito nel 2023 i conti correnti degli italiani, costringendo le famiglie ad attingere ai loro risparmi (il risparmio e la proprietà italiana rimangono uno dei principali obiettivi degli speculatori internazionali), e le imprese ad utilizzare le loro riserve bancarie in sostituzione dell’indebitamento, diventato troppo oneroso per l’incremento dei tassi di interesse, alimentando così una batosta che si computa oltre i 150 miliardi.
Sulla questione rincari occorrerà intervenire poiché – nonostante il 2024 si prospetti, a detta di qualcuno, più abbordabile rispetto al 2023 – Arera sostiene di trovarsi costretta ad introdurre una nuova componente in bolletta; tradotto: le tariffe aumentano, a causa del “buco” di oltre 4 miliardi lasciato dal governo Draghi che nel 2022 si affrettò a riempire gli stoccaggi acquistando gas a prezzi stellari. In più va tenuto conto che il regolatore tedesco ha deciso che il gas esportato deve sostenere un onere per ripagare i costi degli stessi, perciò gli utenti italiani dovranno sborsare anche per Berlino.
La coperta per far fronte a queste situazioni è sempre più corta e sebbene si rinunci, almeno per ora ma non si sa per quanto, alla riforma del MES, di contro ci si adegua alle pressioni sul completamento della svendita del “nostro patrimonio produttivo nazionale”.
Occorre più che mai avere il coraggio di smontare l’assioma che privatizzare serve a ridurre il debito, tanto che dal Britannia ad oggi l’economia italiana non è migliorata, anzi, ma soprattutto il debito pubblico è aumentato a dismisura.
Ora sono rimasti gli ultimi gioielli di famiglia: ENI ed ENEL, aziende iperstrategiche per l’Italia. Italia che non è il paese dei Ferragnez, dei Soumahoro e dei Casarini ONG & Co., epigoni di una sinistra buonista (di facciata), affarista (nel concreto) e atea (nel profondo). Kompagni che non hanno minimamente esitato ad incassare soldi dal Vaticano, come ammesso pure dal Papa nei ringraziamenti ai” salvataggi in mare” durante l’Angelus. Mangiapreti un tempo, ma oggi assai devoti a quel dio denaro che, come sappiamo, non olet, da qualunque parte esso provenga.
Un vero e proprio nauseante scandalo, altro che caso panettoni firmati!
Ad ogni modo siamo a fine anno che si concluderà con le solite polemiche sui botti, tenendo conto che, per il 2024 con le elezioni europee, il Governo dovrà quantomeno “tener botta”.
Progetto Nazionale