Le recenti vicende ed i repentini sconvolgimenti che investono lo scenario geopolitico internazionale, da ultimo la questione della Siria, per un’Associazione Culturale come Progetto Nazionale,
possono suscitare non tanto la presa di posizione meramente politica, cosa che rimandiamo esclusivamente ai presidi istituzionali preposti, a partire dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni o al ministro degli Esteri Antonio Tajani, quanto la necessità di analisi relativamente a quanto nefasta possa risultare in prospettiva, l’evolversi di questa situazione.
Potremmo provare ad intentare approfondimenti sulla situazione geopolitica regionale con il coinvolgimento dei (dis)equilibri, meramente di facciata, tra USA e Russia, fare considerazioni sul variegato e controverso mondo islamico, intentare indagini sugli interessi della realizzazione del gasdotto Qatar-Turchia che attraversa la Siria per offrire all’Europa un’alternativa al gas russo, ma lasciamo tutto ciò ad altri…
Tutti esperti di geopolitica ed analisti di diplomazia internazionale, ma nessuno che parla del rischio sociale che investe l’Europa ed in particolar modo l’Italia, derivante dall’ennesima orda di disperati, pronti a cogliere l’occasione per lasciare terre sempre più depredate ed impoverite ed auspicare una nuova vita nel tanto ‘odiato e dissacrato occidente’.
Diversi paesi dell’UE, tra cui l’Italia, hanno annunciato la sospensione delle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato ai cittadini siriani, ma sarà sufficiente…
Anche se il nuovo premier siriano Mohammad Al Bashir che amministra il territorio controllato dal sedicente ‘moderato’, ed attuale capo de facto della Siria, Abu Mohammad al-Jolani, ha parlato di “far tornare i milioni di profughi siriani che sono all’estero”, non crediamo al rimpatrio di milioni di persone che si sono oramai per lo più stabilizzate nel vecchio continente (solo in Germania sono oltre 1 milione) ma che, grazie alla possibilità del ‘ricongiungimento famigliare’, risulterà invece più facile il verificarsi che questi si adoperino per convogliare altri connazionali presso ‘casa nostra’.
E’ vero che tra i siriani già presenti nel nostro continente vi sono anche esempi di integrazione, nel mondo del lavoro ed a livello sociale, ma si tratta di numeri.
Ad esempio, sempre richiamando la Germania, paese che ne ospita una delle maggiori comunità, a fronte di circa 200mila siriani occupati e soggetti a contributi sociali, 250mila risultano registrati come persone in cerca di lavoro e circa 150mila sono considerati disoccupati, mentre circa mezzo milione di siriani riceve invece l’assegno di cittadinanza.
Il rischio, al di là di interessi politici ed economici, rimane appunto quello di creare l’ennesimo scenario di una seconda Libia, coacervo di crogiuolo di etnie e di religioni, suddivisi quasi in bande tribali, pronti ad alimentare migliaia di ‘sfollati’ alla ricerca di nuove mete; con le conseguenze economico e sociali che potete immaginare ma soprattutto a solo ed esclusivo tornaconto per l’associazione scafisti e CGIL & Company…