Nella serata del 20 luglio a Torino è stato «aggredito» il giornalista de La Stampa Andrea Joly, mentre riprendeva alcuni momenti di una festa che celebrava il 16° anniversario di apertura del locale circolo associativo “Asso di Bastoni”, afferente a CPI.
A seguito dell’episodio – a cui i media nazionali hanno dato ampio risalto – alcuni militanti del circolo sono stati denunciati, mentre al giornalista recatosi al Pronto Soccorso delle Molinette, vengono riscontrate solo lievi abrasioni alle ginocchia. La versione dei militanti del circolo parla di atteggiamenti provocatori e comportamento non ortodosso da parte del giornalista. Questa a grandi linee la cronaca dell’episodio.
Nelle ore successive è tutto un susseguirsi di condanne unilaterali – ovviamente senza alcun approfondimento – da parte di esponenti di tutte le maggiori forze politiche e cariche istituzionali: sinistra, centro e destra tutti uniti appassionatamente. Una sorta di tribunale del popolo anni 2020. Manca solo il discorso a reti unificate, ma poco ci manca.
Tutti a solidarizzare col giornalista. Ci mancherebbe…
Stessa città, altro giornalista (anzi fotoreporter di una agenzia che collabora con La Stampa) aggredito, Maurizio Bosio; questa volta gli aggressori sono alcuni rom, il padre e i parenti (o conoscenti) di una bimba di 2 anni da poco tragicamente deceduta in seguito ad un investimento. Frattura del setto nasale e 14 giorni di prognosi per il fotografo.
Ora, fatevi un giro sul web e digitate «giornalista aggredito a Torino»: troverete numerosissimi riscontri del primo episodio, ma al momento davvero poco sul secondo.
La solidarietà, così come la condanna dell’episodio, sono arrivate anche per l’episodio che ha coinvolto Bosio, ma in tono nettamente minore, senza la grancassa mediatica: colleghi e associazioni di categoria, la torinese Augusta Montarulli (vice capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera dei deputati), qualche esponente di vertice della Regione Piemonte come Elena Chiorino e pochi altri; mancano all’appello quelli del PD, e della sinistra in genere, i nomi che contano. Nessuno ad invocare la chiusura dei campi rom. Strano. O no?
La sovraesposizione del primo episodio e la sostanziale sordina del secondo, dimostrano – anche a fronte della sproporzione del danno subito – quanto poco genuine e quanto altamente ipocrite e strumentali siano certe strombazzate prese di posizione. Mostrificazione a senso unico.
Un teatrino triste, a cui purtroppo si presta anche una parte politica che spesso mostra di non vedere e considerare l’odio che le viene riversato contro dai nemici politici quotidianamente (e come nel passato più o meno recente).
Non è questione di sigle, di appartenenze e di essere dentro o fuori dalle istituzioni, sarebbe un ragionar da miopi e da sciocchi.
Luca Zampini
Progetto Nazionale Verona
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