INTERVENTO DI MANUEL NEGRI A “RITORNO A CAMELOT”

A seguire il testo dell’intervento tenuto nella giornata di ieri sabato 3 settembre in occasione de Il “Ritorno a Camelot”:

Molti di voi che mi hanno seguito in questi anni sanno che sono tante le iniziative

che abbiamo condotto insieme per l’Italia affrontando il tema economico-monetario, con partiti, associazioni culturali o di categoria, ma parlare qui è un’altra cosa; qui mi sento a casa, questa è la mia famiglia.
Ed è proprio qui che nel 2001 lanciammo una battaglia dichiarata contro il sistema bancario e le sue storture.
Incontri, convegni, denunce, manifestazioni davanti al Tribunale di Milano, a quello di Parma, in via Nazionale a Roma davanti alla Banca d’Italia, fino a Francoforte, puntando il dito contro la privatissima B.C.E.

Ma cosa è successo in questi anni: prima ci hanno definitivamente scippato il controllo dell’emissione monetaria (e chi ne detiene il controllo detiene le leve dell’economia); poi hanno aggredito il reddito di famiglie ed imprese attraverso l’aumento della pressione fiscale, giustificata dall’esigenza di dover ridurre il debito pubblico e dagli artificiosi parametri imposti dall’Ue; successivamente hanno iniziato ad attaccare il risparmio.

Innanzi a tutto questo dove sta la classe politica; sempre pronta a salvare le banche, a lasciar fallire migliaia di imprese e a condurre famiglie sul lastrico.

Oggi chi si riempie la bocca di sociale e dichiara di star vicino agli italiani ma tra gli scranni di Montecitorio e Palazzo Madama ha votato a favore della legge Fornero, del Mes e del Fiscal Compact non può essere credibile, da Salvini alla Meloni.

Stiamo vivendo un’epoca in cui la politica si prostra al potere economico e finanziario ed assistendo ad una nuova religione, il centralbanchismo, dove le banche rappresentano le nuove cattedrali e i banchieri i nuovi sacerdoti, con un Draghi nel ruolo di sommo Pontefice.

Tutto il sistema politico deve cambiare, dobbiamo uscire dalla concezione del ‘libero mercato selvaggio’ dove l’economia virtuale, finanziaria e speculativa prevarica l’economia reale e produttiva, che crea ricchezza e posti di lavoro.

Occorre dare risposte forti e per fare questo non bisogna essere veri economisti; questi non sono quelli che frequentano i salotti televisivi e si riempiono la bocca di belle parole, ma quelli che riescono ad arrivare alla fine del mese, pagare un mutuo o un affitto, pagare le bollette, e mantenere dignitosamente una famiglia.

In risposta a chi oggi si preoccupa maggiormente dello spread piuttosto che delle imprese che chiudono e a chi presta più attenzione agli artificiosi parametri dell’inflazione piuttosto che dei sempre più numerosi italiani che fanno la fila per mangiare alle mense della Caritas.

Dobbiamo trovare alternative per reperire risorse, sempre più sottratte ai cittadini dai governi di ogni colore, divenuti veri e propri esattori fiscali in nome e per conto del sistema bancario; perché se non sappiamo dove andare a prendere il denaro, è inutile che parliamo di ricerca, di sanità, di realizzare infrastrutture e di Stato sociale.

Basterebbe solamente riflettere su questo per capire in che direzione stiamo andando; potremmo tranquillamente dire che “L’Italia è una Repubblica fondata sulla disoccupazione e che la sovranità è stata commissariata in nome e per conto di Bruxelles e Francoforte”.

L’ Italia è stata sequestrata e, per la liberazione, come riscatto, la Troika chiede riforme strutturali.

Gli ultimi tre governi (Monti, Letta e Renzi) non sono stati eletti dal popolo; così come nessuno ha scelto, votato e nominato chi ci comanda in Europa, burocrati che pochi conoscono ma che decidono la sorte di milioni di cittadini europei.

Dobbiamo recuperare la sovranità perduta negataci dai Trattati di Maastricht e di Lisbona; perché non possiamo, non dobbiamo e non vogliamo diventare tutti mercanti.

Il cambiamento è forse Grillo, la Meloni e Salvini…?

Se i politici non la smettono, come diceva Ezra Pound, di essere ‘i camerieri dei banchieri’, non potremo mai rilanciare l’economia ed uscire dalla crisi.

Stiamo attraversando una crisi economica senza precedenti, siamo tutti indebitati nei confronti del sistema bancario: privati, aziende, pubbliche amministrazioni.

E il mondo politico che risposte da?

A sinistra non vanno più davanti alle fabbriche dimenticando gli interessi dei lavoratori, se mai l’hanno fatto, e si preoccupano invece di tutelare gay, lesbiche e coppie di fatto. 
A destra devono guardarsi le spalle da coloro che fino al giorno prima ritenevano essere alleati e sono sempre più costretti a parare i colpi di una magistratura che utilizza la giustizia in maniera distorta per fini politici.

Intanto il sistema bancario tosa il gregge!

Oggi le banche adottano politiche sempre più restrittive, negano prestiti, chiudono le aperture di credito dalla sera alla mattina, revocano gli affidamenti alle aziende, già martoriate da normative vessatorie come Basilea 2 e 3 o come lo scippo del Tfr per dirottare ulteriore risorse ai fondi speculativi detenuti da banche ed gruppi assicurativi privati. 
Aggiungiamo pure l’operato di un Leviatano come Equitalia, vera e propria estorsione legalizzata, ed immaginiamo in che contesto possano operare le nostre imprese; già oberate da una burocrazia e da un fisco sempre più oppressivo, pronto a rastrellare risorse attraverso l’aumento indiscriminato di tasse e tariffe che non vengono però riammesse sul mercato ma dirottate a pagare gli interessi passivi su un debito pubblico non dovuto.

I dati parlano chiaro, crescita costante della disoccupazione con percentuali spaventose per quella giovanile, aumento indiscriminato della pressione fiscale, tanto da assegnarci il triste primato all’interno dell’Ue.

Il problema principale è che stiamo facendo sacrifici senza prospettive.

Abbiamo una classe dirigente incapace di pianificare una strategia concreta se non quella di aumentare le tasse.

Non è azzardato affermare che oggi i cittadini sono ridotti a veri e propri schiavi fiscali costretti a versare oltre la metà del loro reddito da lavoro allo Stato, divenuto esattore in nome e per conto della Banca centrale.

Nei tempi medievali i sudditi pagavano al signore feudale, o alla Chiesa, la decima, ossia solo il 10% dei loro introiti. 
Oggi paghiamo oltre 5 volte la decima. 
Siamo in pieno feudalesimo.

Alla luce di questo, da oggi, la Finanziaria va chiamata col suo vero nome: Piano Annuale di rientro dal debito pubblico!

Occorre una forte inversione di tendenza, partendo da necessarie riforme istituzionali, dallo snellimento della burocrazia, dalla salvaguardia del made in Italy, dal blocco dell’invasione e dell’immigrazione incontrollata; occorre una sana riforma fiscale che veda la tassazione dell’imponibile al netto delle spese di gestione famigliare, lasciando così maggior liquidità alle famiglie.

Serve necessariamente un rilancio dell’economia e del sistema produttivo che può avvenire solamente attraverso una rivoluzione radicale che impone:

1) ricondurre le attività monetarie sotto il controllo della politica;

2) istituire di un Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio (CICR) nell’interesse dei cittadini;

3) le Banche Centrali devono tornare pubbliche, perché i soggetti che creano moneta e determinano il tasso di sconto, non possono assolutamente essere privati.

Considerando che lo stesso Stato italiano, per accordi comunitari, non può ricorrere all’emissione monetaria diversa dall’euro; si può ricorrere, nel rispetto dell’art. 123 comma 2 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), all’istituzione di una banca pubblica di interesse nazionale (si potrebbe utilizzare la Cassa Depositi e Prestiti), accedendo alla liquidità offerta dalla BCE al tasso attuale, tasso di gran lunga inferiore rispetto a quello offerto dal mercato finanziario, e utilizzare questa liquidità per ri-finanziare l’intero sistema economico produttivo affetto da un grave stato di anemia monetaria, oltre a ridurre il debito pubblico; il tutto senza ledere alcun trattato ed utilizzando sempre l’euro. Molto meglio indebitarsi con la BCE allo 0,25%, piuttosto che con i mercati al tasso del 5-6%, perseguendo una strada percorribile fin da subito.

Quale miglior occasione per poter iniziare a ricostruire il paese partendo dalle rovine di Amatricia; finanziando i lavori di ricostruzione attraverso questo sistema, inducendo così uno stimolo all’occupazione senza creare inflazione.

Perché queste sono le consegne che ci hanno lasciato i nostri padri…

E condurremo queste battaglie per un futuro migliore per i nostri figli!

Vi sembrano forse battaglie politiche impossibili?

Il vostro entusiasmo, la vostra passione, la voglia di cambiare le cose sono gli ingredienti giusti di un’Italia che vuole cambiare.

Noi vogliamo e dobbiamo rappresentare quello spostamento dell’ago della bilancia che possa da una parte rappresentare l’etica della politica; dall’altra l’unità della Nazione, ma soprattutto la profonda anima sociale di cui la nostra Nazione ha bisogno, dove Sociale non vuol dire assistenzialismo, ma dare a tutti le stesse opportunità.

Una forza che incarni l’idea di uno Stato dell’ordine, nel senso più profondo del termine, dove ognuno viene valutato per quello che vale e non per quello che possiede; un ordine che rispetti la natura dell’uomo e delle cose.

Lo facciamo per i giovani, perché i giovani devono capire che devono riappropriarsi del loro futuro.

Questa Italia non da prospettive ai giovani non solo perché non c’è lavoro, ma soprattutto non da prospettive di sognare una società diversa da questa.

Questi sono i nostri uomini, questa la nostra parola.

Passione, entusiasmo di chi davvero può cambiare le cose.

La passione della vera Italia, quella che può vincere.

Manuel Negri