Riflessioni tecniche e spunti sull’obbligatorietà della polizza assicurativa circa le catastrofi naturali ed eventi atmosferici
Dopo gli ultimi ed ennesimi allagamenti si sta discutendo di una proposta volta a rendere obbligatoria un’assicurazione sul proprio immobile contro eventi naturali e catastrofi.
Nonostante la proposta possa in qualche modo essere interessante, presenta problematiche piuttosto rilevanti sebbene la recrudescenza di eventi climatici estremi renda necessaria una maggiore copertura assicurativa. Nello specifico solo nel 2023, le compagnie assicurative italiane hanno pagato oltre 6 miliardi di euro in sinistri riconducibili ad eventi atmosferici e alluvioni, un massimo storico per l’Italia.
Tuttavia, l’obbligatorietà di queste polizze condurrebbe sicuramente ad un aumento sproporzionato dei premi, parallelamente a riduzioni delle garanzie offerte. Le compagnie cercano di mantenere la loro profittabilità, motivo per cui potrebbero introdurre clausole restrittive e franchigie elevate, rendendo difficoltoso per i cittadini stipulare polizze per proteggersi da rischi catastrofali.
Una soluzione potrebbe essere l’implementazione di un modello assicurativo misto, simile a quello francese, attraverso SACE BT (società iscritta nell’Albo delle Imprese di assicurazione e rassicurazione italiane), già esistente all’interno di Cassa Depositi e Prestiti. Questa struttura, con garanzia statale, permetterebbe alla compagnia di sostenere anche una combined ratio superiore al 100%, eliminando la necessità di produrre un profitto immediato. Le polizze potrebbero essere modellate in modo da non gravare sugli assicurati, soprattutto in zone a basso rischio.
Ad esempio, in un sistema mutualistico, i cittadini che vivono in aree a basso rischio potrebbero contribuire a sostenere le polizze di chi vive in zone ad alto rischio sismico o idrogeologico. Inoltre, il 12,5% della tassa sui fabbricati, attualmente inclusa nei premi assicurativi, potrebbe essere destinato a finanziare questa compagnia, insieme a un possibile contributo dell’ANIA (Associazione Nazionale fra Imprese Assicuratrici) per reinvestire nei progetti di tutela e infrastrutture.
Infine, per limitare l’impatto sui cittadini, si potrebbe prevedere l’obbligatorietà della polizza solo per la prima casa, lasciando al mercato assicurativo tradizionale la gestione delle seconde case od altre tipologie di immobili. Inoltre, le case in condominio, già assicurate collettivamente, potrebbero essere tutelate attraverso una modifica delle polizze condominiali, evitando sovrapposizioni con le assicurazioni individuali.
Al momento le aziende avranno l’obbligo di assicurarsi entro 31 dicembre 2024. Questo obbligo riguarda tutte le imprese con sede legale o stabile organizzazione in Italia, iscritte nel Registro delle Imprese. La polizza copre i danni causati da calamità naturali quali terremoti, alluvioni, frane, inondazioni ed esondazioni, a beni come fabbricati, macchinari e attrezzature industriali o commerciali.
Tuttavia, la normativa prevede alcune eccezioni.
Gli imprenditori agricoli non sono tenuti a sottoscrivere questa assicurazione obbligatoria, in quanto continuano a beneficiare del Fondo mutualistico nazionale per la copertura dei danni meteoclimatici previsti dalla Legge di Bilancio 2022. Inoltre, è previsto che la mancata adesione a tale obbligo possa influenzare l’accesso a contributi e agevolazioni pubbliche, penalizzando le imprese che non si conformano alle disposizioni legislative. Per coloro che non sottoscrivono la polizza, sono previste sanzioni pecuniarie che vanno da 100.000 a 500.000 euro.
Sempre per le aziende si potrebbe però adottare un modello simile, con contratti basati su un ente ibrido, lasciando la gestione del “disaster recovery” e dei rischi più elevati a compagnie specializzate nel settore.
Ovviamente i contributi potrebbero variare in base ai redditi sino ad un accorpamento della polizza assicurativa da parte del Comune attingendo con una percentuale dalle tasse di IMU e TARI. Questo comporterebbe una maggiore attenzione nonché un immediato intervento nelle emergenze strutturali come la pulizia dei fiumi e dei corsi d’acqua e soprattutto dei canali di scolo spesso limitati dalla scarsa pulizia dei tombini. Su questo tema occorre chiamare in causa il Genio Civile troppo spesso esageratamente burocratizzato, più attento alle infrazioni che a dotarsi della celerità necessaria nei casi di rischio e soprattutto prevenzione!
L’Emila Romagna ne dovrebbe sapere qualcosa visto che il torrente Budrio, il fiume Silaro e il fiume Montone hanno rotto gli argini esattamente nello stesso punto dell’esondazione nel 2023.
Questo articolo è stato pubblicato sul numero 57 del periodico La Scintilla scaricabile anche nella sezione La Scintilla di questo sito oppure cliccando il seguente link https://periodicolascintilla.webnode.it/