ATTACCO ISRAELIANO ALLE BASI UNIFIL IN LIBANO

Spari sui nostri soldati. La solidarietà di Progetto Nazionale !

Quanto accaduto in questi giorni in Libano, con provocazioni, intimidazioni, sabotaggi e colpi d’arma da fuoco – 2 soldati indonesiani e 2 cingalesi feriti – da parte dell’esercito israeliano (Idf) nei confronti di 3 basi Unifil (la UNP 1-32A, la UNP 1-31 e il Quartier generale di Naqoura), ha registrato l’irata e sacrosanta reazione diplomatica del nostro governo, Primo Ministro Giorgia Meloni e Ministro della Difesa Guido Crosetto in testa, a tutela dei soldati italiani ivi presenti.

In merito all’accaduto, Progetto Nazionale esprime piena solidarietà al nostro personale militare impegnato nella Terra dei Cedri (dove rappresenta il contingente più numeroso con circa mille uomini o poco più, a guida Brigata Sassari), nella delicatissima zona di cuscinetto del sud del Libano, tra la Linea Blu israeliana e il fiume Litani, dove opera in non semplici condizioni da moltissimi anni nell’ambito della missione internazionale Onu “Unifil” (istituita nel 1978), con un ruolo spesso non riconosciuto e soverchiato dai contendenti, anche per le rigide e limitanti regole d’ingaggio.

Le violazioni degli obblighi e del diritto internazionale da parte d’Israele non sono d’altronde una novità, avendo reiteratamente dimostrato di non riconoscere in sostanza le organizzazioni internazionali (l’Onu nello specifico); di proteste e condanne i governi israeliani hanno puntualmente fatto carta straccia.

Fa specie rilevare che esponenti di Lega e Forza Italia – di cui Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio dei Ministri, ricopre il delicato ruolo di Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale – abbiano rilasciato in precedenza dichiarazioni politicamente infantili e poco assennate del tipo «oggi come sempre io sto con Israele», come se esistesse un “aver ragione” sempre e comunque, a prescindere, ‘ontologico’, ignorando la complessità della questione e la delicatezza del momento.

È faccenda che investe la politica, gli equilibri e le relazioni internazionali, gli scambi economici, i mercati energetici, e la sicurezza.

C’è chi ipotizza che dietro il comportamento israeliano si celino questioni di immagine (lo spostamento dei caschi blu in quanto potenziali testimoni scomodi), questioni tattiche (il ritiro di Unifil aprirebbe un varco lungo la costa, nella zona sud-occidentale dell’area, che permetterebbe all’Idf di intrappolare i combattenti di Hezbollah in una tenaglia) oppure il puntare ad acuire volutamente una crisi internazionale – con relativo strappo con gli Usa e cosiddetto mondo occidentale a rimorchio, con cui si rapporta in maniera sempre più tesa ed ambigua – quale alibi per una rinuncia “politica” a concreti pesanti rischi militari sul terreno.

Non va sottovalutato il fatto che gli interessi concreti di Israele, oggi, sono molto concentrati sulle alleanze con il mondo arabo (Egitto, Bahrein, Emirati, Giordania e addirittura, nella sostanza, con l’Arabia Saudita) e nordafricano (Egitto e Marocco).

Ma non si tiri in ballo furbescamente la solita storiella ipocrita e fuorviante dell’antisemitismo, buono per tutte le stagioni, esattamente come l’antifascismo.