IUS SCHOLAE

Il partito trasversale dello IUS SOLI torna all’attacco
Forse la calura agostana, forse l’onda lunga di facili e discutibilissime strumentalizzazioni post Olimpiadi, fatto sta che – grazie ad alcune dichiarazioni di esponenti di spicco di Forza Italia – ha ripreso fiato il partito trasversale dello Ius soli, attraverso la foglia di fico del cosiddetto Ius scholae.
In seguito alle polemiche sorte all’interno della maggioranza con gli alleati di Fratelli d’Italia e Lega, gli stessi vertici del partito del fu Silvio Berlusconi, hanno subito puntualizzato che quella dello Ius scholae è la posizione nota di FI non da oggi, ma che non è comunque nell’agenda di governo. Spieghino allora i signori di FI perché se ne sono usciti con tale argomento, fatalità dopo una grande manifestazione sportiva internazionale durante e dopo la quale, sempre per pura fatalità, alcuni atleti di cittadinanza italiana hanno beneficiato di una curiosa sovraesposizione mediatica, che temiamo non essere giustificata solo dai meriti sportivi.
Alle dichiarazioni dei forzisti, cogliendo la palla al balzo, si sono subito accodati il Pd, Italia Viva, Azione, + Europa et similia, rilanciando il tema della riforma della cittadinanza.
Non si può ignorare che Ius scholae o Ius culturae sono cavalli di battaglia – più propriamente di Troia, rientrando sempre e comunque nell’ottica dello Ius soli, ma come varianti “edulcorate” – della sinistra progressista, non solo italiana ma più estesamente occidentale.
Lo Ius Soli (comprese le sue declinazioni sfumate) è il loro grande terreno di gioco. Quindi, quando una componente del centrodestra gioca da quella parte del campo, si pone un grave problema politico!
Perché contribuire a rendere successi determinati per via legislativa le utopie fallimentari della Sinistra?
Ora, di quello che propugna la sinistra sul fronte della cittadinanza ci interessa relativamente, è scontato; diversa invece è appunto la questione riguardo alla posizione di un partito di maggioranza importante come Forza Italia, che sostiene che la cittadinanza va riconosciuta al termine di un ciclo di istruzione; questa, per gli esponenti di FI sarebbe anche una risposta all’inverno demografico in cui siamo precipitati e alle problematiche del lavoro; ergo, accogliamo tutti i minori stranieri in circolazione, li facciamo studiare e li facciamo cittadini italiani: risolto in un sol colpo il problema della denatalità1, del lavoro e delle pensioni. Facile, no? Chiaramente questa è volutamente una estremizzazione.
Provocazione a parte, però, ci sono delle sottolineature da fare.
I numeri hanno la testa dura e come ha fatto notare qualcuno ai forzisti, l’Italia (purtroppo, aggiungiamo noi) in materia di concessioni di cittadinanza è ai primissimi posti in Europa.
È bene ricordare che per Ius soli s’intende il conferimento automatico della cittadinanza di una nazione a chi nasca sul territorio della stessa, indipendentemente da altri fattori come, per esempio, la cittadinanza dei genitori. Lo Ius sanguinis prevede invece che la cittadinanza si possa ottenere per filiazione o discendenza (ad esempio, quando uno dei due genitori è già cittadino italiano). In Italia vige sostanzialmente un sistema misto poiché la norma è lo Ius sanguinis ma temperata da tutta una serie di eccezioni che vanno in direzione dello Ius soli, permettendo in pratica a chiunque voglia stabilirsi in Italia di ottenere la cittadinanza. Casistiche particolari a parte, da noi, qualunque straniero sia residente ininterrottamente da almeno 10 anni o i figli di immigrati al compimento del diciottesimo anno possono richiedere la cittadinanza. In soldoni: la differenza che c’è in Italia tra il “diritto di sangue” e “il diritto di suolo” è che manca l’automatismo (quello che vorrebbe inserire la Sinistra). Forme come Ius scholae o Ius culturae (che interesserebbero soggetti nati in Italia e minori di 12 anni o giuntivi in età sempre inferiore ai 12 anni) sono soluzioni intermedie legate al completamento di cicli di studio molto simili (tra l’altro già presentate come proposte di legge e poi bocciate tra il 2015 e il 2022), fortemente lassiste, ovviamente a giudizio di chi, come noi, si pone su posizioni di natura identitaria.
Da non sottovalutare che l’automatismo preteso dalla Sinistra (a fronte di una destra mediamente non particolarmente forte e coraggiosa) ci farebbe unicamente “guadagnare” un nuovo segmento immigratorio: quello degli stranieri che vorrebbero venire da noi per partorire qui e ottenere per il figlio (ma molto più probabilmente per i figli, considerata la prolificità maggiore degli immigrati) la cittadinanza italiana, avere un passaporto europeo ed assicurarsi altri opportunismi. Tale automatismo, se passasse, creerebbe oltretutto disparità tra le stesse comunità di immigrati: tra quelli provenienti da nazioni che non contemplano nei loro ordinamenti la doppia cittadinanza (la Cina e l’India per fare degli esempi rappresentativi di quote rilevanti d’immigrazione) e gli altri.
Ius scholae o Ius culturae sono in definitiva passaggi utili solo ad allentare le maglie di un meccanismo già di per sé debole, ulteriori elementi di attrazione (pull factor)(2) incentivanti l’immigrazione.
Il diritto che regola la cittadinanza non è figlio del caso, ma risponde a delle logiche chiare: è una scelta che risponde ad una tradizione precisa, figlia della storia, della cultura, delle specificità, della identità di una data nazione e di un dato popolo.
Il passaggio da Ius sanguinis a Ius soli, che avviene assai raramente nel mondo non porta storicamente alcun vantaggio rilevante a quella comunità nazionale chi intraprende tale percorso, anzi.
Cittadinanza e nazionalità sono due status che andrebbero tenuti distinti tra loro.
Se tutti oggi possono diventare italiani ed europei, che senso ha chiamarci ancora “italiani” ed “europei”? Soprattutto oggi che è in gioco la sopravvivenza antropologica degli europei, italiani compresi?
Nella attuale situazione il diritto alla cittadinanza per gli immigrati extraeuropei andrebbe invece reso più selettivo, contemplandone anche la eventuale revoca in taluni gravi casi; occorre implementare le espulsioni, incentivare i rimpatri.
Non va mai dimenticato, e giova ripeterlo, che in Italia non vi è alcun diritto primario e fondamentale che venga negato ad uno straniero allo stato attuale delle cose.
Non è il nostro un “patriottismo costituzionale”, per cui la sopravvivenza storica di un popolo o di una nazione viene ridefinita e rimodellata attorno alla persistenza temporale di una certa bandiera, di un certo ordinamento giuridico e di un certo insieme di valori.
L’Europa, e le sue Patrie carnali, sono incalzate dalla diluizione e dalla trasformazione della loro identità, decostruita, sfigurata. Di fronte a questo scenario, si può essere arrendevoli e fatalisti, oppure ricercare un tiepido e comodo compromesso, altrimenti pensare ed operare per una riconquista: è questione di fibra, di attitudine, di carattere.
Le strade da battere per affrontare i problemi dell’immigrazione e della denatalità, ci sono; sono percorsi ardui, non gratuiti, che necessitano di tempo per portare frutti (e di tempo ne abbiamo sprecato troppo)(3), ma è indispensabile il re-innamoramento di quello che siamo in termini di civiltà, perché la natura non concepisce il vuoto e di fronte al vuoto attuale di civiltà questo vuoto lo colma qualcun altro.
I popoli che si posson definire tali, hanno bisogno di ideali, non di contratti sociali.
Serve una politica che riesca ad essere alternativa(4) alla politica vegetativa intesa come svalutazione della politica che usa le idee non tanto per guidare o orientare verso un obbiettivo comune, ma come sistema di perpetuazione di se stessa e dello status quo.

IUS SCHOLAE? RISPEDIRE AL MITTENTE!

Progetto Nazionale
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Note:
1. Al Capitolo I, “Sostegno alla natalità e alla famiglia”, del programma “PRONTI a risollevare l’Italia” di Fratelli d’Italia (elezioni politiche 2022) si legge, tra altri propositi di graduale applicazione: «Piena applicazione della Legge 194 del 1978 sull’interruzione volontaria di gravidanza, a partire dalla prevenzione. Istituzione di un fondo per aiutare le donne sole e in difficoltà economica a portare a termine la gravidanza (…)» https://www.programmafdi2022.it/sostegno-alla-natalita-e-alla-famiglia/
In Europa c’è chi è partito prima e sta facendo meglio, come l’Ungheria che con le sue politiche nataliste ha il merito di aver voluto affrontare concretamente il problema una decina di anni fa, cominciando a raccogliere oggi i primi incoraggianti risultati, risollevando il tasso di fecondità e stabilizzando le nuove nascite, anche se non possiamo ancora parlare di inversione di tendenza. Non dimentichiamo che sono politiche che necessitano del medio-lungo periodo per essere valutate in pieno negli effetti. Ma è un modello positivo e in controtendenza.

https://www.centromachiavelli.com/2021/10/11/ungheria-politiche-famiglia-natalita/

2. Anche nella Svezia scandinava, tempio dell’accoglienza e della politica delle porte spalancate, si sono accorti – con imperdonabile e drammatico ritardo dopo due decenni di immigrazione extraeuropea sfrenata – che qualcosa non va nel loro progetto di “inclusività”, e si stanno facendo i conti con il costo finanziario dell’immigrazione e con l’erosione del capitale sociale: gli immigrati ricevono otto volte più pagamenti errati rispetto agli svedesi quando si tratta di prestazioni di assistenza; ma la questione non è solo freddamente economica. È stato anche sfatato il tabù della correlazione tra aumento dell’immigrazione incontrollata e quello della criminalità e di conseguenza dell’insicurezza. Per il Primo ministro svedese Ulf Kristersson, in carica dal 2022 con l’obiettivo dichiarato di cambiare radicalmente la politica migratoria in Svezia, l’aumento della criminalità organizzata è il prodotto di una «politica di immigrazione irresponsabile e di un’integrazione fallita» (per chi conosce la realtà svedese c’è da credergli…).

3. Come abbiamo già avuto modo di ribadire in altri documenti, l’operato dell’attuale governo sta seguendo il giusto indirizzo, col doppio binario del coinvolgimento – sul fronte del contrasto all’immigrazione – sia degli altri Stati europei sia di quelli di partenza.

Lo stesso “Piano Mattei per l’Africa”, nell’ottica di una geopolitica euro-africana ha potenzialità d’impatto estremamente importanti sul fenomeno immigratorio.

Leggi anche:

– https://www.secoloditalia.it/2024/06/migranti-la-rotta-e-invertita-davvero-sbarchi-crollati-del-60-fdi-messi-a-tacere-i-soliti-detrattori/

– https://www.ilgiornale.it/news/interni/frontex-crollano-61-sbarchi-nel-mediterraneo-2345494.html

– https://www.secoloditalia.it/2024/08/migranti-prima-estate-sotto-controllo-sbarchi-crollati-gli-scafisti-virano-altrove-il-governo-disinnesca-lemergenza-i-dati/

Non va trascurato il segnale sensibile – ancorché in un quadro di un fanatismo progressista ancora predominante – del graduale cambio di narrativa europea sull’immigrazione: si è passati dalla retorica dell’accoglienza indiscriminata a discorsi relativi alla necessità di gestirla, filtrarla, regolarla…impensabile solo qualche anno fa. E in questa ottica va sfatato il luogo comune secondo cui è l’UE la responsabile unica e principale dell’immigrazionismo in Europa laddove invece la stessa UE è stata fortemente criticata dall’ONU per non esserlo sufficientemente e laddove, ancora, singoli governi nazionali sono più immigrazionisti di Bruxelles.

4. Si pensi ad alcune potenzialità enormi, se padroneggiate, regolamentate ed indirizzate nella giusta direzione (come l’IA, la robotizzazione, la genetica, la cibernetica, etc.,) che il nostro tempo offre (piaccia o meno), per rinnovarci senza rinnegarci, animati dallo stesso spirito e dalla stessa volontà che animarono i nostri antenati.

Articolo di Libero su dichiarazioni di Silvio Berlusconi nel 2017…da ricordiare a Tajani

  1. ↩︎