La disumana vicenda accaduta a Latina nei giorni scorsi, che ha visto la morte di un bracciante indiano, fa tornare alla ribalta una serie di mai risolti problemi legati al mondo del lavoro e correlati alla piaga dell’immigrazione.
Ciò che è emerso pone in evidenza l’intermediazione illegale e lo sfruttamento lavorativo tipico del caporalato, da sempre in rapporto simbiotico con chi utilizza l’immigrazione per fini meramente speculativi, quale fenomeno/leva di impoverimento, sociale, culturale ed esistenziale, le cui espressioni individuali rimangono solo ed esclusivamente quelle di prestatori di manodopera da sfruttare a basso costo.
La pressione di una enorme massa di immigrati – irregolari e non – sulle nostre terre, esercitata attraverso rotte marittime (ed altri spesso ignorati vettori), risponde alla volontà della creazione di una sorta di marxiano “esercito industriale di riserva” adeguato ai tempi moderni; una massa di sradicati (inconsapevoli o volontari) dalle proprie terre d’origine e riversati in un sempre più selvaggio mondo del lavoro nostrano, spesso senza regole, altrettanto spesso complice, sempre più connotato da logiche di sfruttamento ai limiti della decenza umana; uno sfruttamento bramato, organizzato e concretizzato dai centri di potere reale multinazionale: una vera e propria cricca affaristica che intreccia i propri affari con quelli dei circuiti della grande criminalità organizzata (e a cascata con i circuiti malavitosi di ogni sorta).
Esiste però anche una sorta di “caporalato legale”, che è quello di alcune agenzie interinali. Nonostante i costi elevati rimangono comunque di indubbia convenienza per le aziende, grazie alla tempestiva ed intercambiabile disponibilità di manodopera; molto meno convenienti risultano invece per il lavoratore coinvolto.
Parliamo di agenzie che si sono moltiplicate come i funghi nel corso degli anni, grazie evidentemente ai margini di utile che garantiscono (nelle pieghe della legislazione in materia), ma non certo al lavoratore che vi deve fare ricorso per trovare una collocazione sul cosiddetto “mercato del lavoro”.
Guarda caso, recentemente, Randstad , azienda multinazionale “olandese” che opera nella ricerca di lavoro internazionale, con ramificate propaggini in una quarantina di Stati, in maggior parte europei (Italia compresa), ha creato la divisione Cross-boarding, dedicata ai processi di «reclutamento e selezione all’estero di profili specializzati e di difficile reperibilità sul territorio italiano», siglando diverse partnership nel continente africano con Camerun, Egitto, Ghana, Kenya, Zambia, mirando quindi ad una pianificazione degli ingressi in Italia in accordo con le aziende. Questo in via ufficiale e assolutamente legale.
Rimane poi l’altro canale, quello non ufficiale, quello illegale per intenderci (come si diceva all’inizio), che vede sempre più intensificarsi l’interazione tra protagonisti degli sbarchi (ONG comprese), cooperative care alla sinistra dei Soumahoro & Company ed espressione di caporalati territoriali, soprattutto nelle zone del centro sud e nel settore dell’agricoltura.
Poi però per la Sinistra progressista e giornalai al seguito il pericolo “razzista” viene da destra…o dai giovani di Fratelli d’Italia.
Piero Puschiavo