“BOLLINO ANTIFASCISTA” ANCHE A PIACENZA. INTERVISTA A SARA SORESI

Essendo ormai al centro di ogni discussione, che questa sia a tema politico o sociale, abbiamo fatto quattro chiacchiere con l’Avvocato Sara Soresi, capogruppo in quota Fratelli d’Italia presso il consiglio comunale di Piacenza, in merito all’ormai famoso e, ci si permetta, famigerato “bollino antifascista”

Buongiorno Dottoressa Soresi e grazie per averci concesso questa chiacchierata.
È diventato ormai di rilevanza nazionale (con tanto di post social del Ministro Salvini) la decisione dell’attuale giunta di sinistra di vincolare la concessione di patrocini e l’utilizzo delle sale comunali alla sottoscrizione di quello che è stato battezzato come “bollino antifascista”: cosa ne pensa?

Penso si tratti di pura demagogia, una marchetta elettorale per recuperare quella parte di consensi a sinistra persi con le scellerate scelte assunte nella pratica Piazza Cittadella.
Avere la pretesa di marchiare le idee porta a veri e propri cortocircuiti. Per esempio: nella dichiarazione da sottoscrivere, il richiedente deve prendere le distanze da atteggiamenti fascisti, razzisti e sessisti ma non si fa alcun riferimento ad altre realtà, alcune delle quali fungono da vero e proprio cavallo di battaglia della sinistra, come l’omofobia.
E allora assistiamo ad un elenco fanatico che non solo non è in grado di tutelare tutti quei diritti che la Costituzione protegge, ma addirittura non è nemmeno capace di difendere quegli stessi diritti su cui la sinistra fonda ormai da anni le sue battaglie politiche.

Moltissimi politici del centrodestra, ma anche di centro sinistra, insieme a tantissimi cittadini si sono detti basiti ed allarmati da quella che viene definita un’enorme violazione della libertà di pensiero (garantita dalla costituzione) e soprattutto istituita ad hoc per danneggiare chi non è allineato ad una certa e ben determinata idea politica. Anche lei è di questa opinione?
Certamente. Lo stesso Regolamento in cui è inserito il c.d. “bollino antifascista” ci dice, all’art. 2, che: “Il Regolamento garantisce l’uguaglianza”. Eppure, contraddice sé stesso prevedendo, qualche articolo dopo, una norma fortemente limitativa della libertà di pensiero: un conto è l’utilizzo della sala (in sostanza, lo scopo, l’oggetto dell’iniziativa organizzata), un conto è l’intimo pensiero del soggetto richiedente, che nulla c’entra con le iniziative che lo stesso potrà andare a proporre.
Faccio un esempio: in base a questo Regolamento, un soggetto che si ritiene fascista (ed essere fascista non costituisce reato), non potrà utilizzare una sala comunale per organizzare un evento in cui si tratta di materia sanitaria, per poi devolvere il ricavato all’Ospedale cittadino.
Stupisce che chi tanto si erge a paladino dei valori costituzionali introduca una regola totalmente liberticida, che punta ad imporre un’ideologia piuttosto che a disciplinare modalità ed organizzazione delle iniziative che si terranno nelle sale pubbliche.

La sensazione che circola per la città è quella di una ricerca disperata da parte dell’attuale amministrazione di “gettare fumo negli occhi” alla cittadinanza affinché problemi reali come l’affaire Cittadella, l’insicurezza e l’incontrollato proliferare di situazioni delinquenziali in ormai quasi tutte le aree cittadine come spaccio di droga, furti e atti violenti, le baby gang e l’incapacità di gestione dei clandestini minorenni non accompagnati ospitati in città a spese dei contribuenti sapendo che l’introduzione di questa norma avrebbe scatenato un putiferio di polemiche. Lei che è sempre in prima linea a difesa dei cittadini contro i soprusi e le oppressioni come vede la situazione e gli equilibri all’interno dell’attuale maggioranza?
Confermo, agli occhi di buona parte della cittadinanza è stata una decisione folle non solo per il suo contenuto ma anche perché assunta in presenza di problematiche ben più attuali e gravi.
Non mi risulta che oggi Piacenza sia ostaggio di bande fasciste.
Mi risulta, invece, che i cittadini abbiano paura a frequentare alcune zone della città, che le donne abbiano il timore ad uscire di sera da sole, perché ogni giorno assistiamo ad aggressioni e risse, alle volte anche con l’uso di armi.
Mi risulta che i cittadini siano maggiormente preoccupati dall’avvento di baby gang e Maranza, piuttosto che dal razzismo e dal sessismo.
Mi risulta che alcuni bambini abbiano il timore ad andare a scuola, perché fenomeni di bullismo si presentano già dalle elementari.
Mi risulta che la città sia sempre più sporca, con rifiuti sui marciapiedi, sulle strade, nei canali. Che ci siano molte pratiche, fondamentali per la città, praticamente ferme.
Queste, a mio avviso, dovrebbero essere le priorità per un’Amministrazione. Non certo un bollino ideologico.
Quanto agli equilibri della maggioranza, più che di equilibrio parlerei di “equilibrismo”. Penso che spesso fatichino a trovare la quadra e che compiano veri e propri salti mortali per riuscire a votare in modo unitario. La verità è che spesso non sono d’accordo tra loro, anche su tematiche molto importanti (prova ne è il fatto che – in più occasioni – la maggioranza si sia spaccata, votando in modo differente).

Perché, secondo lei, è sbagliato essere costretti a dichiararsi pubblicamente “antifascisti” e soprattutto perché continua ad essere un’ossessione della sinistra Italiana nonostante quel periodo storico sia finito da 80 anni?
Parto dalla fine.
Credo che ormai sia diventata un’ossessione per due ragioni: la prima è che, banalmente, hanno poco da dire e proporre. Quando si trovano all’angolo, parlano di antifascismo, perché per loro ormai è un sempre verde: se sono al Governo e approvano provvedimenti che scontentano la maggioranza dei cittadini, gridano all’allarme fascista per distogliere l’attenzione; se sono all’opposizione utilizzano l’antifascismo quando sono a corto di tematiche interessanti.
La seconda, è che attualmente trovo che l’antifascismo sia utilizzato come “escamotage”: sei antifascista, quindi sei tra i buoni. Poi, magari, utilizzi l’accoglienza e l’immigrazione per arricchirti (caso Soumahoro docet), però ti professi antifascista, quindi va tutto bene.
Quanto alla prima parte della domanda, sì, trovo sia sbagliato. Ormai sembra obbligatorio dichiararsi pubblicamente antifascista, quasi che si tratti di un lascia passare.
Ma perché dovrei dichiararmi anti qualcosa non è più attuale? L’epoca fascista è passata, è finita da ottant’anni.
Cos’è un fascista oggi? Chi vuole imporre le proprie idee? Chi le vuole imporre con la forza?
Ma per quello già ci sono tanti antifascisti, quelli delle aggressioni alle Forze dell’Ordine durante i Cortei, quelli che inneggiano alla Salis, quelli del buonismo facile (con i soldi pubblici).

Ringraziamo l’Avvocato Soresi e ci auguriamo che le battaglie politiche a difesa dei cittadini e del territorio che quotidianamente affronta possano avere il successo che meritano.