COVID-19: REAZIONI PSICOLOGICHE E BUONE PRATICHE PER AFFRONTARE QUEST’EMERGENZA

Sono stata indecisa fino all’ultimo se scrivere o meno un articolo su come far fronte alla quarantena da Covid-19, considerando che sull’argomento si è ormai detto tutto e il contrario di tutto. Alla fine mi sono decisa a scrivere quanto segue, dopo essere stata al supermercato oggi e aver constatato che nonostante sia stato detto molto, forse troppo, le reazioni delle persone allo Stress a cui ci ha sottoposto Covid-19, sono ancora controproducenti.
È bene fare un po’ di chiarezza partendo dalla definizione di emergenza, perché di fatto la pandemia a cui stiamo facendo fronte è un’emergenza, ovvero una situazione in cui è necessario ricorrere all’attivazione di risorse personali e/o sociali di soccorso fuori dall’ordinario.
Una definizione che può essere utile per un ulteriore approfondimento è quella contenuta in Axia (2006), secondo la quale dal punto di vista psicologico uno stato di emergenza è caratterizzato dalla percezione che la nostra sopravvivenza è a rischio, o quando capiamo che è a rischio la vita delle persone che ci sono care. Il punto centrale della definizione contenuta in Axia è rappresentato dal rischio della vita propria o di persone che in qualche modo sentiamo a noi vicine.
Nell’ultima edizione del DSM, inoltre, è stato dedicato un raggruppamento specifico per i disturbi correlati ad eventi traumatici e stressanti. All’interno del quale viene ribadito che “…la sofferenza psicologica che segue l’esposizione ad eventi catastrofici o avversi è molto variabile” (…) ” (American Psychiatric Association, 2014, p. 197).
Un’altra precisazione d’obbligo è quella relativa al concetto di Stress: vi è uno stress buono, eustress (eu dal greco bello, buono) e uno stress cattivo, distress. L’eustress è quello che, nella nostra quotidianità, ci aiuta ad affrontare e superare le
varie sfide che la vita ci propone; il distress, sta a indicare lo stress così come comunemente lo intendiamo, è quello che ci provoca maggiori difficoltà, come conflitti emotivi, ansie, disturbi fisici, che ci coinvolgono al punto tale che è difficile prenderne le distanze in un breve lasso di tempo.
Cosa ci protegge dal Distress?
I funzionamenti di fondo abbastanza equilibrati che non fanno cadere facilmente nello Stress cronico e contribuiscono a proteggerci dal distress, conoscere alcune informazioni sulle reazioni psicologiche all’emergenza che stiamo vivendo e la consuetudine alle buone pratiche ci aiutano a gestire al meglio le situazioni di emergenza.
Come indicato nel Vademecum per evitare il panico e non avere pensieri catastrofici emanato dal CNOP, Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, “la paura funziona bene se è proporzionata ai pericoli. Così è stato fino a quando gli uomini avevano esperienza diretta dei pericoli e decidevano volontariamente se affrontarli oppure no. Oggi molti pericoli non dipendono dalle nostre esperienze. Ne veniamo a conoscenza perché sono descritti dai media e sono ingigantiti dai messaggi che circolano sulla rete. Succede così che la paura diventi eccessiva rispetto ai rischi oggettivi derivanti dalla frequenza dei pericoli. In questi casi la paura si trasforma in panico e finisce per danneggiarci.”

Non ci si vuole qui soffermare sulle modalità di trasmissione delle informazioni operate dai media (per le quali servirebbe un articolo a parte), ma sul fatto che la paura aumenta in presenza di fenomeni sconosciuti, rari e nuovi, e la diffusione del Coronavirus ha proprio queste caratteristiche. Di seguito alcune informazioni utili che possono aiutarci ad evitare due errori possibili: sopravvalutare o sottovalutare (negare) il problema.
Il timore più grande di noi psicologi e psicoterapeuti è che si creino ansia individuale, panico collettivo che portano alle situazioni a cui abbiamo assistito (e continuiamo ad assistere) tipo l’assalto ai supermercati, la ricerca compulsiva di informazioni, la fuga da una regione e l’altra.
Tra le normali reazioni psicologiche agli eventi stressanti ritroviamo:

1. Ansia, paura intensa, sentimenti d’impotenza, rabbia, disperazione, aggressività oppure negazione/sottovalutazione del pericolo. Nei bambini queste reazioni possono essere manifestate con un comportamento disorganizzato e/o agitato.

2. L’attuale emergenza può far sperimentare sogni spiacevoli, difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno regolare, sia in adulti che in bambini

3. Variazione dell’emotività in generale: dalla tendenza all’individualismo (“non mi riguarda”) all’ipercoinvolgimento emotivo, dalla diminuzione delle prospettive della vita futuraall’insoddisfazione generale 4. Variazioni del modo di ragionare: difficoltà di concentrazione e/o memoria, distrazione, disorientamento

IL CNOP, Consiglio Nazionale Ordine Psicologi, ha elaborato il seguente DECALOGO ANTI-PANICO:

1. Attenersi ai fatti, cioè al pericolo oggettivo. Il Coronavirus è un virus contagioso ma come ha sottolineato una fonte OMS su 100 persone che si ammalano 80 guariscono spontaneamente, 15 hanno problemi gestibili in ambiente sanitario, solo il 5 hanno problemi più gravi e tra questi i decessi sono circa la metà ed in genere in soggetti portatori di altre importanti patologie.

2. Non confondere una causa unica con un danno collaterale. Molti decessi non sono causati solo dall’azione del coronavirus, così come è successo e succede nelle forme influenzali che registrano decessi ben più numerosi. Finora i decessi legati al coronavirus sono stimati nel mondo sono cento volte inferiori a quelli che si stima causi ogni anno la comune influenza. E tuttavia questo 1% si aggiunge ed è percepito in modo diverso dai “decessi normali”. Finora nessuno si preoccupava di una forte variabilità annuale perché tutti i decessi venivano attribuiti all’influenza “normale”: nell’ultima stagione influenzale sono scomparsi 34.200 statunitensi e, l’anno prima, 61.099

3. Se il panico diventa collettivo molti individui provano ansia e desiderano agire e far qualcosa pur di far calare l’ansia, e questo può generare stress e comportamenti irrazionali e poco produttivi.

4. Farsi prendere dal contagio collettivo del panico ci porta a ignorare i dati oggettivi e la nostra capacità di giudizio può affievolirsi.

5. Pur di fare qualcosa, spesso si finisce per fare delle cose sbagliate e a ignorare azioni protettive semplici, apparentemente banali ma molto efficaci

6. In linea generale troppe emozioni impediscono il ragionamento corretto e frenano la capacità di vedere le cose in una prospettiva giusta e più ampia, allargando cioè lo spazio-tempo con cui esaminiamo i fenomeni.

7. E’ difficile controbattere le emozioni con i ragionamenti, però è bene cercare di basarsi sui dati oggettivi. La regola fondamentale è l’equilibrio tra il sentimento di paura e il rischio oggettivo.

8. Questa semplice figura permette di vedere la paura del Coronavirus in prospettiva.

La figura mostra nella parte superiore i pericoli di cui si ha più paura di quanta se ne dovrebbe avere. In questi casi l’indignazione pubblica può suscitare panico e, di conseguenza, ansie sproporzionate e dannose. Nella parte inferiore, al contrario, ci sono i pericoli a cui siamo abituati e che non provocano paure. La sproporzione tra le aree dei due cerchi mostra quanta differenza c’è tra paure soggettive e pericoli oggettivi. (Fonte: Paolo Legrenzi, A tu per tu con le nostre paure. Convivere con la vulnerabilità, Il Mulino, 2019). 

9. La figura mostra il fenomeno delle paure nel loro complesso: l’indignazione pubblica sui media accentua alcune paure, come quelle per gli attacchi terroristici e i criminali armati, e induce a sottovalutare altri pericoli oggettivi a cui siamo abituati. Le caratteristiche del panico per Coronavirus lo avvicinano ai fenomeni improvvisi e impressionanti che inducono panico perché sollevano l’indignazione pubblica.  10.  Siamo preoccupati della vulnerabilità nostra e dei nostri cari e cerchiamo di renderli invulnerabili. Ma la ricerca ossessiva dell’invulnerabilità è controproducente perché ci rende eccessivamente paurosi, incapaci di affrontare il futuro perché troppo rinchiusi in noi stessi.

3 BUONE PRATICHE PER AFFRONTARE IL CORONAVIRUS elaborate dal CNOP

1. Evitare la ricerca compulsiva di informazioni  Abbiamo visto che è normale e funzionale, in chiave preventiva, avere paura davanti ad un rischio nuovo, come l’epidemia da coronavirus: ansia per sé e i propri cari, ricerca di rassicurazioni, controllo continuo delle informazioni sono comportamenti comprensibili e frequenti in questi giorni. E tuttavia la paura si riduce se si riflette sul suo rapporto con i pericoli oggettivi e quindi si sa con chiarezza cosa succede e cosa fare.

2. Usare e diffondere fonti informative affidabili  E’ bene attenersi a quanto conosciuto e documentabile. Quindi: basarsi SOLO su fonti informative ufficiali, aggiornate e accreditate. 

– Ministero della Salute: http://www.salute.gov.it/nuovocoronavirus

– Istituto Superiore di Sanità: https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/

 Al Ministero della Salute, alla Protezione Civile, e al Sistema sanitario nazionale e regionale lavorano specialisti esperti che collaborano per affrontare con grande rigore, attenzione e con le risorse disponibili la situazione in corso e i suoi sviluppi.  3. Un fenomeno collettivo e non personale  Il Coronavirus non è un fenomeno che ci riguarda individualmente. Come nel caso dei vaccini ci dobbiamo proteggere come collettività responsabile. I media producono una informazione che può produrre effetti distorsivi perché focalizzata su notizie in rapida e inquietante sequenza sui singoli casi piuttosto che sui dati complessivi e oggettivi del fenomeno. E’ importante tener conto di questo effetto. 

Credo di aver riportato i punti più importanti elaborati in questi giorni dalla comunità degli psicologi per far fronte all’emergenza Covid-19, ma non posso concludere questo articolo senza far ricorso a due concetti a me cari e onnipresenti quando si parla di psicologia dell’emergenza, qualsiasi sia l’emergenza, ovvero il concetto di adattamento e il concetto di resilienza. 

Questi due concetti, sono stati presi in prestito dal mondo della fisica e della biologia, e sono stati applicati all’essere umano:  la resilienza è la capacità di un materiale di resistere agli urti improvvisi senza spezzarsi e di riprendere la sua forma originaria; come il materiale resiste agli urti senza spezzarsi, così l’uomo attraverso la resilienza può resistere alle negatività, alle crisi e alle emergenze, non subendo gli eventi come fatti ineluttabili ma riuscendo ad affrontarli e superarli, uscendone trasformato o addirittura rafforzato.

Il termine adattamento in biologia si riferisce alla facoltà degli organismi viventi di mutare i propri processi metabolici, fisiologici e comportamentali, consentendo loro di adattarsi alle condizioni dell’ambiente nel quale vivono; allo stesso modo l’uomo opera un processo di adattamento attraverso cui si adegua all’ambiente, modificando i propri schemi di comportamento (adattamento passivo) od operando sull’ambiente stesso per trasformarlo in funzione delle proprie necessità (adattamento attivo) e questa capacità di adattamento permette all’uomo di fronteggiare qualsiasi avversità.

Ultimo consiglio…. Per far fronte alle avversità potremmo avere bisogno di un confronto, una consulenza, un sostegno, anche solo per avere le idee più chiare su ciò che proviamo e gestire meglio le nostre emozioni, e chiedere aiuto non vuol dire essere deboli.

Dott.ssa Fiorenza Venturi

Psicologa-psicoterapeuta

Bibliografia

American Psychiatric Association (2014). DSM-5, manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta edizione. Milano: Raffaello Cortina.

Axia, V. (2006). Emergenza e psicologia. Bologna: Il Mulino.

S. Di Nuovo, L. Rispoli  (2010) Analisi Funzionale dello Stress, Franco Angeli/Linea Test, Milano.

Sitografia

https://www.psy.it/gli-psicologi-sul-coronavirus

https://www.cisom.org/news-2/covid-19-reazioni-psicologiche-e-vademecumper-bambini

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Progetto Nazionale ringrazia la Dottoressa Fiorenza Venturi per il suo contributo.