RIVOLUZIONE CUBANA E BRIGATA MEDICA REEVE, STATO SOCIALE E PRIVATIZZAZIONI

«Fa molto male vedere l’indolenza di governi potenti di fronte a una così grande calamità. […]


A tutti noi che siamo qui dispiace aver lasciato Cuba e i nostri compatrioti, quando si può servire quel nobile ed eroico popolo, ma l’esercito cubano della salute è immenso e questo compensa la nostra lontananza fisica»
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Questi sono due stralci estrapolati dall’intervista al dottor Leonardo Fernàndez, uno dei componenti della brigata medica “Henry Reeve” giunti a Crema nel pieno della pandemia da Covid-19 per coadiuvare il personale dell’Ospedale Maggiore nell’affrontare l’emergenza, e che ora si appresta al rientro verso casa.
A fronte dell’aiuto del personale medico-infermieristico cubano vogliamo esprimere qui, da cittadini cremaschi, la nostra gratitudine, al netto del fatto che esso sia stato chiamato qui ad operare dal governo italiano, dalla regione Lombardia o che sia stato inviato spontaneamente da Cuba.
A margine del doveroso attestato di stima, vogliamo fare però alcune considerazioni.
Durante la pandemia da Covid-19 abbiamo vissuto sulla nostra pelle il paradosso di uno Stato totalitario, “barbaro” e comunista che aiuta con suoi medici ed infermieri una Regione – di uno Stato del progredito occidente – al collasso sul fronte sanitario (e parliamo della Lombardia che in questo ambito rappresenta una eccellenza italiana!), perché colta impreparata alla gestione dell’emergenza (per ragioni che Progetto Nazionale ha affrontato in precedenti articoli); e questo a discapito di quel «siamo prontissimi» divenuto ormai celebre, che aveva dichiarato in diretta Giuseppe Conte (La 7, trasmissione Otto e Mezzo, del 27/01/2020).
Il cosiddetto “immenso esercito cubano della salute” deve il suo prestigio alle politiche sociali varate sull’isola dopo la vittoria del Movimento 26 Luglio che ha determinato il rovesciamento di Fulgencio Batista e l’ascesa al potere di Fidel Castro il primo di gennaio 1959. Senza la caparbietà eroica del “Lìder Màximo”, di Ernesto “Che” Guevara, di Camilo Cienfuegos e degli altri ribelli imbarcati sulla Granma, Cuba verosimilmente mai avrebbe intrapreso un cammino di affrancamento dal dominio americano, e altrettanto verosimilmente non avrebbe mai ottenuto e conseguito i grandi risultati in campo sanitario di cui godono da circa 60 anni, e di cui parzialmente abbiamo beneficiato anche noi cremaschi per quasi due mesi.
A Cuba l’accesso ai servizi sanitari passò dall’8% della popolazione nel 1959 al 90% del 1990; il lavoro minorile, che era causa di gravi problemi di salute nelle fasce giovanili della popolazione, venne debellato; tasso di mortalità infantile tra i più bassi al mondo (1% nel 1990, meglio degli Stati Uniti D’America e secondo solo al Canada); politiche sull’infanzia basate, tra le altre cose, sulla distribuzione gratuita di latte nei primi mesi di vita; senza dimenticare tutte le altre riforme di carattere sociale e nazionale: la fondazione dell’Istituto Nazionale per la Riforma Agraria (INRA); la nazionalizzazione delle compagnie telefoniche; l’operato delle “brigadas alfabetizadores” che poi con la riforma dell’istruzione arriverà ad abbattere l’analfabetizzazione sull’isola (dal 24% al 4%); oggi l’istruzione è obbligatoria fino alla maggiore età e completamente gratuita; la riforma dell’edilizia che consente oggi all’80% dei cubani di essere proprietari degli appartamenti che abitano.
Tutto questo fu realizzato durante uno dei peggiori isolamenti economici per durata e intensità della storia, con embarghi ed ostracismo che giunsero al loro apice con Kennedy e che si inaspriranno ulteriormente sotto la presidenza di Bill Clinton, il quale firmerà l’atto dal nome che pare un’ironia, il “Cuban liberty and democratic solidarity act”.
Tutto quanto sopra riportato in tema di riforme, non vuole essere un monologo apologetico di un sistema che era e resta comunista, ma che agli albori non rappresentò una rivoluzione maggioritariamente comunista bensì nazionale, sociale e contadina, che poi approdò ad altri lidi ideologici per dinamiche dovute alle polarità internazionali che attanagliavano il mondo; nessuna fascinazione quindi per il “sol dell’avvenire”, per di più in un sistema mondialista dominante in cui comunismo e capitalismo trovano saldatura e sublimazione.
No. La nostra è la constatazione – apparentemente paradossale – che sul piano del cosiddetto stato sociale, regimi comunisti hanno dato, e danno, qualche punto a nazioni liberal-capitaliste autoreferenzialmente proclamatesi il migliore dei mondi possibili, quelle che impartiscono lezioni di moralità dai pulpiti del cosiddetto “mondo libero”, con la loro retorica da società dello spettacolo; quelle “nazioni” (si fa per dire) che hanno il loro campione negli Stati Uniti d’America, dove può capitarti di morire (anche) di Coronavirus se non hai in tasca l’assicurazione sanitaria; quelli dove le stesse medicine che a Cuba costano pochi spiccioli loro le fanno pagare fior di quattrini; oppure quelle “nazioni”, come la nostra, dove per una stessa patologia, magari non gravissima, in una regione ti curano e in un’altra muori.
La nostra refrattarietà rimane equamente distribuita tra gli esperimenti di un comunismo sempre in attesa del mitico “comunismo autentico” e la truffa liberalcapitalista: al giorno d’oggi, in estrema sintesi, la ricerca alternativa al duopolio americano e cinese.
Secondo Lucio Anneo Seneca «L’avversità è la opportunità della virtù»; volendo far nostra quella sua massima, auspichiamo che questa pandemia ci offra l’occasione per ripensare e ridisegnare uno Stato più etico e più equo, lasciando per strada le derive del cinismo spietato della mercificazione assoluta e totalizzante dell’uomo, che antepongono l’economia alla politica, come dimostrato dai ripetuti tagli alla sanità pubblica perché considerata una spesa non produttiva e quindi sacrificata sull’altare degli interessi finanziari; uno Stato che operi per il bene pubblico dei propri cittadini e non per l’esclusivo interesse delle privatizzazioni sfrenate e delle multinazionali.
Ma la vicenda del Covid-19, sembra porre, tra i tanti, un ulteriore interrogativo: esiste ancora lo Stato in Italia? Uno Stato autorevole, s’intende…

Progetto Nazionale Crema