UNA APPLICAZIONE PER ARGINARE IL COVID-19 O UNO STRUMENTO CHE MIRA AD ALTRO?

«In realtà siamo prigionieri di un frame che usa un linguaggio bellico contro un nemico invisibile, non dichiarato, che si infiltra, muta, si aggira negli strati sociali della comunità, uccide civili innocenti, tanti, ma niente di paragonabile ai veri teatri di conflitto, quelli dove si combatte ancora oggi, armi alla mano sul fronte e con autobombe parcheggiate nelle grandi città. Dove i ragazzi interrompono gli studi per anticipare la leva, i villaggi e le città si ritrovano con sole donne e bambini perché gli uomini sono tutti sul campo di battaglia, dove ogni famiglia ha già celebrato almeno un funerale, e dove le razioni di cibo quotidiano sono limitate».
È quanto ci ricorda Sebastiano Caputo, giornalista e reporter, il quale ha vissuto e visto quanto riportato sopra. Continuando nei suoi ricordi ci riporta ad Aleppo negli anni più violenti della guerra in Siria, era il 2016:
«La strada era chiusa ai civili, viaggiare da una città all’altra, per i siriani, non era vietato ma impossibile a causa dei checkpoint che controllavano tutte le vie di comunicazione. Aleppo, per chi riusciva ad arrivarci, era una vera e propria prigione a cielo aperto in cui mancava l’aria, strangolata dal clima di guerriglia urbana. Si combatteva da un quartiere all’altro, si usciva poco per paura dei cecchini e quando lo si faceva si camminava il più veloce possibile. Ai primi tempi nelle case ci si vedeva con gli altri ma senza fare troppo rumore, nei bar ci si sedeva lontani dalle vetrate, per evitare le schegge impazzite durante le esplosioni. Poi col passare degli anni i più temerari, abituati al rumore dei bombardamenti e stanchi di quella vita impietosa, avevano deciso di sfidare la morte e convivere con il sentimento diffuso di paura. La percezione della guerra non poteva ingoiare la vita di un’intera generazione. Non esistevano auto-certificazioni, non c’erano ordinanze, leggi che impedivano gli assembramenti, poliziotti che multavano i clienti, droni che sorvegliavano le vie, applicazioni per smartphone che tracciavano gli spostamenti, semmai indicavano quelli dei nemici, i miliziani di Jabhat Al Nusra».
Quanto riportato sopra ci spinge ad affrontare alcune doverose considerazioni. Faccio quindi qui mie, sintetizzandole, alcune considerazioni che altri hanno già fatto.
In Occidente ai tempi del Covid-19, accanto ad un linguaggio bellico, si chiede alle persone di combattere una guerra rimanendo chiusi in casa, sul proprio divano guardando la televisione, lavorando in smart working o in cucina a sperimentare nuove ricette. Nel mondo virtuale è tutto uno sharing di fotografie, flash mob, e video virali, mentre nella realtà è una gara tra “guerrafondai” in tuta o pigiama che si nascondono dai possibili “untori” della porta accanto.
Tutti devoti allo “Stato di polizia” forte con i deboli.
Sul lavoro da casa, chiamato smart working, si dovrà riflettere se la sua regolarizzazione, davvero rappresenti un progresso sociale, da considerare nei diritti del lavoratore, o se non rappresenti invece la prossima fase nella privatizzazione del suo tempo privato, costringendolo ad una reperibilità costante, caratteristica un tempo soltanto dei chirurghi.
Altra considerazione da fare è se l’isolamento quotidiano non sia in grado di invalidare la capacità, necessaria, di ciascuno di noi, di sapersi confrontare con la presenza fisica di altre persone impedendo al pensiero di formularsi critico, capace di distinguere il vero dal falso, il bene dal male, finendo per accogliere senza filtri tutto ciò che l’informazione predominante ci consegna attraverso i propri canali di comunicazione, sottomessi ad un omologato messaggio da convogliare.
Arriviamo poi all’ordinanza del Commissario Domenico Arcuri con la quale si dispone “di procedere alla stipula del contratto di concessione gratuita della licenza d’uso sul software di contact tracing (tracciatura dei contatti) e di appalto di servizio gratuito con la società Bending Spoons Spa”.
L’Ordinanza è la numero 10 del 16 aprile 2020 pubblicata sul sito del Governo. L’ordinanza di Arcuri, si legge, ha tenuto conto anche “che la società Bending Spoons Spa esclusivamente per spirito di solidarietà e, quindi, al solo scopo di fornire un proprio contributo, volontario e personale, utile per fronteggiare l’emergenza da Covid-19 in atto, ha manifestato la volontà di concedere in licenza d’uso aperta, gratuita e perpetua, al commissario straordinario per l’attuazione ed il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica Covid-19 e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, il codice sorgente e tutte le componenti applicative facenti parte del sistema di contact tracing già sviluppate. Nonché – si legge ancora nell’ordinanza – per le medesime ragioni e motivazioni e sempre a titolo gratuito ha manifestato la propria disponibilità a completare gli sviluppi informatici che si renderanno necessari per consentire la messa in esercizio del sistema nazionale di contact tracing digitale”.
Vediamo, ora, quali sono le aziende coinvolte nello sviluppo del progetto “Immuni”. Bending Spoons vanta un ebitda (Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization, cioè “utili prima degli interessi, delle imposte, del deprezzamento e degli ammortamenti) di circa 35 milioni di euro, più di 180 milioni di download totali, 13 milioni di utenti attivi al mese, centinaia di migliaia di persone che ogni giorno scaricano una delle loro 20 App, e un fatturato ben superiore a 11 milioni. Ai quattro amici-partner che hanno dato vita all’iniziativa (Luca Querella, Francesco Patarnello, Luca Ferrari, Matteo Danieli), dall’estate dello scorso anno si sono aggregati come soci di minoranza, StarTip (braccio finanziario di Gianni Tamburi), H14 (holding facente capo a Barbara, Eleonora e Luigi Berlusconi), Nuo Capital, (fondo con capitale asiatico ma guidato da Tommaso Paoli, ex manager di Impresa Sanpaolo).
Insieme a Bending Spoons, nel progetto “Immuni”, ci sono anche la Jakala Spa e il Centro Medico Sant’Agostino di Luca Foresti.
Jakala è una società in cui sono presenti Equity Club (Mediobanca e Ferraresi), la holding dei Marzotto e altri soci tra cui, ancora, H14. Il fatturato prodotto dagli oltre 500 dipendenti è di 250 milioni. Jakala si occupa di marketing, comunicazione, eventi ed e-business. Il suo portafoglio clienti – tra banche, multinazionali e marchi importanti – è impressionante. Il suo fondatore è Matteo de Brabant.
Ora ogni persona che ritenga di avere una certa “mentalità critica”, se dall’odierno isolamento non è stata pregiudicata, dovrebbe riflettere su questa app “ceduta da privati gratuitamente”. Siamo noi e i nostri dati personali la merce?
La Commissione Ue ha dettato le regole per il sistema di tracciamento: anonimato e niente geolocalizzazione, sì a bluetooth e volontarietà.
In particolare, sulla tecnologia giudicata più idonea per le app di tracciamento, il bluetooth deve “stimare con sufficiente precisione” (circa 1 metro) “la vicinanza” tra le persone per rendere efficace l’avvertimento se si è venuti in contatto con una persona positiva al Covid-19. “I dati sulla posizione dei cittadini non sono necessari né consigliati ai fini del tracciamento del contagio” sottolinea Bruxelles, precisando che l’obiettivo delle app “non è seguire i movimenti delle persone o far rispettare le regole” perché questo “creerebbe rilevanti problemi di sicurezza e privacy”. Per mantenere l’anonimato, è previsto che le app utilizzino un ID (codice d’identificazione utente) “anonimo e temporaneo che consenta di stabilire un contatto con gli altri utenti nelle vicinanze”.
In Europa esiste già un progetto che soddisfa questi criteri, su cui stanno convergendo Francia e Germania. Si chiama Pepp-Pt (Pan-European Privacy-Preserving Proximity Tracing) è stata messa in piedi da un gruppo di 130 scienziati e 32 fra aziende e istituti di ricerca di 8 Paesi (tra cui la Fondazione ISI di Torino). Tra i partner del progetto ci sono anche Vodafone e, appunto, Bending Spoons.
Il commissario all’emergenza Domenico Arcuri sembrerebbe volere sperimentare la app di contact tracing considerando una area al nord, una al centro e una al sud”.
Per quanto riguarda gli anziani, poco abituati ad utilizzare gli smartphone, si è addirittura parlato di braccialetto elettronico.
Intanto il presidente del Comitato, Raffaele Volpi, fa sapere che il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir), intende “approfondire la questione dell’App ‘Immuni’ sia per gli aspetti di architettura societaria sia per quanto riguarda le forme scelte dal Commissario Arcuri per l’affidamento e la conseguente gestione dell’applicazione, non escludendo l’audizione dello stesso Arcuri ritenendo che si tratti di materia afferente alla sicurezza nazionale”.
Deutsch Bank, sottolinea Volpi, “da molte fonti sembra riscontri criticità in particolare per gli ingentissimi volumi di prodotti finanziari derivati detenuti e per capire se scelte relative a tale peculiarità possano intercettare gli interessi dei risparmiatori italiani o in qualche modo condizionare gli interessi nazionali del Paese”. Il ciclo di audizione del comparto finanza terminerà con la presenza al Copasir dell’Aisi.
Quindi viene spontaneo porsi una domanda: “Immuni” potrebbe diventare il primo tassello di una più ampia strategia di raccolta e analisi di dati solo ufficialmente per contenere e contrastare l’emergenza epidemiologica Covid-19?
È una domanda che è lecito e sacrosanto porsi e porre.
Così come è giusto interrogarsi se quella che potrebbe configurarsi non sarà altro che l’ennesimo tracciamento dei nostri dati e informazioni personali – ben oltre quel che sarebbe necessario per la battaglia contro il Coronavirus – che finirà per rendere monitorabile ogni nostro spostamento, ogni cosa che riguardi la nostra sfera più personale?
E, comunque, si rivelerà realmente efficace per lo scopo che si propone?
Anche un amministratore come il sottoscritto ha il dovere di armarsi di spirito critico e chiedersi, alla luce della delicatezza del tema, se taluni strumenti e disposizioni non travalichino poi le finalità per cui teoricamente vengono adottati, a maggior ragione se tali strumenti sembrano collidere con le norme europee sulla privacy.

Mattia Lorenzetti
Progetto Nazionale Verona
Circolo di Legnago
Consigliere comunale