MA CHI CREA RICCHEZZA IN ITALIA?

Nel momento in cui in Italia le grandi imprese, grazie alle opere di dismissione condotte dalla cura Britannia, sono diventate di proprietà straniera e le poche che sono rimaste italiane hanno trasferito le loro sedi in Lussemburgo o alle isole Cayman, spostando inoltre la produzione in paesi ove è ancora possibile sfruttare i lavoratori, senza così creare occupazione e produrre ricchezza sul mercato interno, chi è rimasto a creare ricchezza e a pagare le tasse?

Eliminiamo in partenza le banche che, come tutti ormai sappiamo, creano denaro dal nulla eludendo l’imposizione fiscale, escludiamo i dipendenti pubblici che, pur elargendo servizi, non creano ricchezza; gli unici a sostenere il sistema produttivo Italia sono le Pmi: tutti coloro che continuano a rappresentare oltre l’80% del tessuto produttivo nazionale.

Sono le micro-medie imprese agricole, artigiane, industriali e commerciali che, pur eternamente nel mirino di finanziarie e burocrazia asfissiante, pur vessate da Equitalia, rimangono l’unica realtà in grado di produrre in Italia, resistendo alla concorrenza sleale dei grandi gruppi che si sono trasferiti nei paradisi lontani, sia con le sedi sia con la produzione.

Innanzi ad un tale contesto, invece di agevolare ed incentivare queste realtà, orgoglio e fiore all’occhiello del nostro Paese, si continua a vessarle e a togliere loro ossigeno; senza dimenticare le banche, pronte ad ingoiare le nostre aziende, come in un disegno predeterminato, attraverso le strette creditizie imposte da Basilea 2 e Basilea 3, improntate a stringere la morsa del credito, ad esigere maggiori capitalizzazioni e ad aumentare l’inflessibilità sugli sconfinamenti.

Rimane però lecito chiedersi a chi giova tutto ciò?

Ma a chi può giovare se non a chi ha interesse a lasciare libere quote di mercato, abbandonate da aziende destinate a fallire, guardate a vista dalle iene di turno del mercato globale.

Manuel Negri – Responsabile Linea Politica