GIRIAMO PAGINA E GUARDIAMO AL DOPO

Tutti stanno lavorando in affanno, ma pesano sempre la burocrazia e la mancanza di una Banca Centrale prestatore di ultima istanza, pronta a finanziare le misure improvvisamente necessarie. Ci sarà bisogno di liquidità. Possiamo attribuire alla Cassa Depositi e Prestiti (CDP) il ruolo di finanziatrice della spesa pubblica. Lo fa la Germania, la cui banca Kreditanstalt fur
Wiederaufbau (KfW), partecipata all’80% dalla Federazione tedesca, ha anche il compito di finanziare progetti d’investimento pubblico. A differenza dello Stato, la Cassa Depositi e Prestiti potrebbe attingere ai fondi provenienti dalla BCE, alle condizioni più vantaggiose di una qualunque banca commerciale. Finanzierebbe, così, attività con un minor “peso” sulle regole di stabilità imposte dai trattati, disincentiveremmo le speculazioni e non dovremmo accettare il tasso di interesse che gli investitori privati impongono sul mercato primario. Potremmo anche ripensare a strumenti di commutazione, sotto forma di crediti d’imposta, con cui sia possibile scambiare beni e servizi, quanto meno per garantirci, almeno, in parte da una caduta dell’euro. La proposta di un una moneta a doppia circolazione potrebbe essere una soluzione, almeno per garantire la spesa intera.
La Germania viene vista spesso con ostilità perché adotta strumenti finanziari che sostengono la propria economia cosa che però potremmo adottare anche noi in Italia.
L’abbandono del dogma del pareggio di bilancio consentirà alle aziende tedesche di potere accedere più facilmente ai fondi per compensare i lavoratori nei casi di riduzione dell’orario di lavoro, di ottenere agevolazioni fiscali, nuove linee di credito. Il governo tedesco ha promesso al sistema delle imprese crediti illimitati, fondi sociali e agevolazioni fiscali per 550 miliardi e passa di euro, non 25.
E allora Italia? Per l’Italia è l’ora del coraggio. Abbiamo la possibilità di tornare ad essere determinanti in Europa ma occorre una guida coraggiosa e sicura. Il lavoro più importante verrà quando e se potremo resuscitare l’economia, smontando e rimontando, anzitutto, proprio la burocrazia, l’assurdo apparato fiscale, l’apparato produttivo. E qui, voglio ricordare su quanto siamo risultati vulnerabili a causa della delocalizzazione industriale e della piena adesione ai Trattati dell’Unione Europea globalista. Quell’Unione Europea che prima hanno cooptato e ora possiedono i nostri vertici; ma hanno fallito. Siamo stati i primi colpiti, per sfortuna e negligenza e, ora, si prospetta un ritorno positivo se sapremo cogliere il momento. Il Covid-19, oltre a provocare la morte di migliaia di italiani, non deve uccidere anche l’economia italiana.
È il momento del coraggio. Le produzioni e le aziende strategiche devono tornare ad essere in Italia a partire da subito. Possiamo procedere alla riconversione di aziende in crisi e diventare produttori dei beni necessari per contrastare il corona virus. Dobbiamo poterli produrre per noi e possiamo produrli per quelle nazioni che vengono progressivamente colpite dalla propagazione sempre più veloce del virus. Si può, ma direi, bisogna procedere immediatamente alla modifica strutturale del piano industriale con una defiscalizzazione a tappeto e iniezioni di coraggio e liquidità. La liquidità necessaria può essere ottenuta senza mettere il collo nel cappio della troika, ma, per esempio, infondendo coraggio nei risparmiatori. Anziché offrire sospensioni inutili dei pagamenti e diffondere altro timore negli italiani con le notizie di un’altra tassa, la virus tax, possiamo offrire sconti a chi anticipa a giugno, anziché a dicembre il pagamento delle sue imposte, attingere alla responsabilità fiscale dei soggetti che possono beneficiarne. Potremmo infondere coraggio e non timore, con lo spalmamento di questi soldi freschi: Coraggio, fiducia e non lamentele. La Repubblica è fondata sul Lavoro e agli italiani serve un progetto di piena occupazione, non l’erogazione di pericolosi sussidi di disoccupazione come con il “reddito di cittadinanza”. Ma, alla Lombardia, al Veneto all’industria italiana, serve un PIANO INDUSTRIALE NUOVO per quando gli altri paesi saranno nel pieno dell’emergenza. Il Nord Italia può far diventare tutta l’Italia più forte, ma con lo stato sociale e il genio italiano, in piena autonoma.
L’Italia non deve morire e nemmeno l’Europa. Poniamo allo studio una nuova proposta di Costituzione europea, fondata sulla dignità della persona umana, con un apparato giuridico-economico orientato al pieno impiego, senza subordinarlo al mantenimento della stabilità dei prezzi, senza anteporvi la competitività sui mercati mondiali. Anche i principi della nostra Costituzione possono indicarci la via.

Gruppo di studio
Associazione Culturale -Laboratorio politico
Progetto Nazionale